Visita fiscale INPS, adesso il certificato del medico non basta più: oltre al controllo, il tuo datore può contestarlo

Essere in possesso di un certificato medico non mette completamente al riparo il lavoratore da eventuali contestazioni

Sebbene il documento attesti una temporanea inabilità al lavoro, non costituisce una prova assoluta e può essere oggetto di verifica, tanto da parte dell’INPS quanto del datore di lavoro.

Il certificato viene redatto dal medico curante e inviato telematicamente all’INPS, di norma il giorno stesso della visita o, al più tardi, il giorno seguente se l’intervento è avvenuto a domicilio. È questo documento che consente all’INPS di erogare l’indennità di malattia, a partire dalla data indicata come inizio della prognosi.

Tuttavia, per garantire correttezza e trasparenza, il medico è tenuto a prestare particolare attenzione nella compilazione, soprattutto per quanto riguarda l’eventuale esonero dalle fasce di reperibilità (dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19), che può spettare in determinati casi.

Quando scatta l’esonero dalle fasce di reperibilità

L’INPS, con la circolare n. 95 del 2016, ha stabilito che sono esentati dall’obbligo di reperibilità i lavoratori con malattie riconducibili a cause di servizio (per specifiche categorie di dipendenti pubblici), invalidità pari o superiore al 67%, patologie gravi che necessitano di terapie salvavita, documentate da una struttura sanitaria.

Rischio licenziamento
Si può essere addirittura licenziati – (impresamia.com)

In tutti gli altri casi, il lavoratore è tenuto a farsi trovare reperibile durante le fasce orarie previste per eventuali visite fiscali. La visita del medico fiscale può modificare quanto stabilito dal medico curante. L’accertatore ha infatti la facoltà di confermare la malattia, ridurre la prognosi o negare completamente l’inabilità al lavoro.

Nel caso ritenga che il lavoratore sia in grado di riprendere l’attività, può dichiararlo idoneo anche in presenza di un certificato contrario.

Ma non solo: il datore di lavoro può anche decidere di affidarsi a un investigatore privato, per verificare eventuali comportamenti incoerenti con lo stato dichiarato. La Cassazione, con l’ordinanza n. 11697/2020, ha confermato questa possibilità, anche fuori dagli orari di reperibilità.

Anche se è consentito uscire di casa al di fuori delle fasce di controllo, ciò non autorizza a svolgere attività contrarie al recupero della salute. Chi, ad esempio, dichiara uno stato febbrile e viene sorpreso a fare sport o partecipare a eventi sociali rischia sanzioni pesanti, fino al licenziamento per giusta causa. Questo perché si tratta di comportamenti che violano i doveri di correttezza e buona fede nel rapporto di lavoro, minando il rapporto fiduciario con il datore.

La regola generale prevede che l’indennità venga riconosciuta solo a partire dal giorno indicato nel certificato. Tuttavia, l’INPS ammette un’eccezione: in caso di visita domiciliare richiesta dopo le ore 10, il medico può effettuare l’accertamento il giorno successivo e, se adeguatamente motivato, certificare la malattia a partire dal giorno precedente.

Questa possibilità è valida solo nei giorni feriali, e deve essere espressamente riportata nel certificato la dichiarazione del lavoratore sull’inizio effettivo della malattia.

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