Pensione di reversibilità a rischio tagli: scopri in quali casi l’INPS riduce l’assegno e quali sono i limiti di reddito da non superare per evitare decurtazioni pesanti.
Quando si parla di pensione di reversibilità, spesso si immagina un sostegno economico certo e invariabile per i familiari del pensionato venuto a mancare. In realtà non è sempre così: la normativa italiana prevede delle condizioni precise che, se non rispettate, possono comportare riduzioni anche molto significative. Non è un tema semplice, ma è fondamentale conoscerlo per evitare brutte sorprese.
La reversibilità è infatti un diritto riconosciuto ai superstiti di un pensionato, ma l’importo che viene erogato non corrisponde mai al 100% della pensione originaria. Esistono percentuali stabilite per legge e, soprattutto, soglie di reddito che possono tagliare in maniera drastica l’assegno.
Chi ha diritto alla pensione di reversibilità
L’INPS prevede che possano riceverla diversi soggetti, il coniuge (anche separato o divorziato), l’unito civilmente, i figli, i nipoti e, in assenza di questi, persino i genitori oi fratelli del defunto. L’importo dipende dalla composizione familiare:
- il 60% della pensione spetta al coniuge senza figli;
- l’80% al coniuge con un figlio;
- il 100% se ci sono due o più figli.
Fin qui tutto chiaro, ma è il fattore “reddito” a fare la differenza.
Il meccanismo delle riduzioni è regolato da leggi che risalgono addirittura al 1939, aggiornato poi nel 1995. Oggi la regola dice che se il superstite percepisce altri redditi (per esempio un’altra pensione), scattano le decurtazioni.

Ecco come funziona:
- Taglio del 25% se il reddito supera tre volte il trattamento minimo (31.127,72 euro annui);
- Taglio del 40% se il reddito è tra tre e cinque volte il minimo (fino a 38.909,65 euro);
- Taglio del 50% se il reddito supera cinque volte il minimo.
Immaginiamo un pensionato che percepiva 2.500 euro mensili. Alla sua morte, la moglie senza figli avrebbe diritto al 60%, ossia 1.500 euro al mese. Ma se la donna ha un reddito superiore alla soglia stabilita, la cifra verrebbe tagliata del 25%, scendendo a 1.125 euro.
Nel 2022, una sentenza della Corte Costituzionale ha stabilito che la riduzione non può mai superare i redditi aggiuntivi del beneficiario. In pratica, se il taglio fosse troppo pesante, viene limitato per garantire comunque una soglia minima. È una piccola tutela, che evita di azzerare quasi del tutto l’assegno.
La pensione di reversibilità rimane un pilastro fondamentale per tante famiglie italiane. Tuttavia, conoscere in anticipo i limiti di reddito e le percentuali di riduzione è essenziale per fare i conti con la realtà ed evitare di ritrovarsi con importi molto più bassi del previsto.