L’approccio italiano, che mira a potenziare la contrattazione collettiva e a contrastare il lavoro sommerso e sottopagato.
Dopo un lungo dibattito che ha coinvolto forze sociali, politica e istituzioni europee, il Parlamento italiano ha dato il via libera definitivo alla legge delega sul salario minimo.
Questa nuova normativa, allineata alla direttiva UE 2022/2041, rappresenta un cambiamento significativo nelle politiche salariali italiane, pur senza introdurre un valore fisso come inizialmente previsto.
La nuova strategia italiana sul salario minimo
La legge delega approvata il 23 settembre 2025 non stabilisce un salario minimo legale fisso, ad esempio i 9 euro lordi l’ora originariamente proposti, ma affida al Governo il compito di definire, attraverso appositi decreti legislativi, le retribuzioni minime adeguate per ogni categoria di lavoratori.
Questi decreti dovranno essere emanati entro i prossimi mesi e dovranno tenere conto delle indicazioni europee, che puntano a garantire un tenore di vita dignitoso e a contrastare la povertà lavorativa.
Il cuore dell’intervento è il rafforzamento del ruolo della contrattazione collettiva nazionale. In particolare, i decreti dovranno individuare per ogni categoria i contratti collettivi maggiormente diffusi e prevedere che il trattamento minimo previsto da tali contratti costituisca la base retributiva imprescindibile per i lavoratori della stessa categoria.
Questa scelta riflette la volontà di valorizzare la contrattazione tra le parti sociali come strumento principale per stabilire salari equi, piuttosto che fissare un importo minimo unificato per legge.
Estensione della tutela e contrasto al lavoro sottopagato
Un aspetto rilevante della normativa riguarda la disciplina dei contratti di appalto e subappalto, settore tradizionalmente a rischio di retribuzioni inferiori agli standard.
Le imprese affidatarie dovranno garantire ai lavoratori un trattamento retributivo almeno pari a quello previsto dai contratti collettivi nazionali più rappresentativi nel settore di riferimento, indipendentemente dall’ambito o dal comparto.

Per i lavoratori non coperti da alcun contratto collettivo, la legge prevede l’applicazione del contratto più simile alla loro categoria, estendendo così la tutela salariale anche a chi oggi opera in condizioni meno regolamentate.
Accanto a questo, si promuoveranno meccanismi volti ad incentivare la crescita della contrattazione integrativa, con l’obiettivo di renderla più flessibile e capace di rispondere alle variazioni del costo della vita.
Coinvolgimento dei lavoratori e novità sulla partecipazione agli utili
La legge delega introduce anche una novità importante sul fronte della partecipazione dei lavoratori alla vita aziendale. I futuri decreti dovranno infatti regolamentare forme di coinvolgimento diretto dei dipendenti nella gestione delle imprese e nella distribuzione dei profitti, in linea con quanto previsto dalla legge n. 76/2025.
Questo rappresenta un passo avanti verso modelli di lavoro più partecipativi e inclusivi, che favoriscano una maggiore equità nella condivisione dei risultati aziendali.
Il quadro europeo e il modello italiano
L’Italia si inserisce così in un contesto europeo in cui 21 Stati membri hanno già adottato un salario minimo legale, mentre altri sei, tra cui l’Italia, si affidano tradizionalmente alla contrattazione collettiva per tutelare i salari.
La direttiva UE del 2022 ha imposto regole stringenti per aggiornare e adeguare questi minimi, basandosi su criteri quali il potere d’acquisto, la distribuzione salariale, la produttività e l’andamento dei salari nazionali.