Nuove regole per la perequazione automatica: aumenti pieni solo sulle pensioni minime, percentuali ridotte per gli assegni più alti. Ecco come cambiano gli importi.
La rivalutazione delle pensioni continua a rappresentare un tema cruciale per milioni di contribuenti italiani, soprattutto alla luce delle recenti disposizioni normative e dell’andamento dell’inflazione che impattano direttamente sul potere d’acquisto dei pensionati.
Per il biennio 2025-2026, il sistema di adeguamento degli assegni pensionistici conferma la divisione in fasce con aumenti differenziati, penalizzando in percentuale soprattutto chi percepisce trattamenti più elevati.
Meccanismo di rivalutazione pensioni nel biennio 2025-2026
L’adeguamento delle pensioni all’inflazione, conosciuto come perequazione automatica, è un diritto fondamentale per garantire che i trattamenti pensionistici mantengano il loro valore reale nel tempo, difendendo così i pensionati dall’erosione causata dall’aumento del costo della vita certificato dall’ISTAT.

Nel corso del 2025, l’inflazione provvisoria è stata indicata allo 0,8%, mentre quella definitiva si è attestata all’1%. Questo dato comporta un conguaglio a favore dei pensionati per l’intero anno, con un aumento degli assegni proporzionale al tasso inflazionistico.
Tuttavia, non tutte le pensioni vengono rivalutate allo stesso modo: il sistema prevede tre fasce di rivalutazione, una divisione che determina aumenti differenziati a seconda dell’importo percepito.
Le pensioni più basse godono della rivalutazione piena, mentre per quelle più alte si applicano percentuali ridotte, con una conseguente perdita di potere d’acquisto per chi riceve trattamenti superiori. Il meccanismo di adeguamento prevede che:
- Le pensioni fino a quattro volte il minimo INPS (attualmente pari a 603,40 euro mensili) ottengano il 100% della rivalutazione;
- Per le pensioni comprese tra 4 e 5 volte il minimo, la rivalutazione è pari al 90% dell’inflazione;
- Oltre le 5 volte il minimo, la rivalutazione scende al 75%.
Per dare un’idea concreta, una pensione di 3.017 euro lordi al mese (pari a 5 volte il trattamento minimo) riceverà la rivalutazione piena solo sulla quota fino a circa 2.413 euro, mentre l’eccedenza sarà rivalutata con una percentuale ridotta (0,72% fino a 5 volte il minimo e 0,60% per la parte superiore).
L’INPS provvede automaticamente all’aggiornamento degli importi, senza necessità di alcuna domanda da parte dei pensionati, seguendo le disposizioni contenute nel decreto governativo che definisce le aliquote di perequazione annuale.
Il sistema attuale, sebbene sia stato pensato per tutelare i pensionati mantenendo una certa progressività, è meno penalizzante rispetto al passato. Negli anni precedenti, infatti, le rivalutazioni applicate alle fasce superiori erano più drastiche e le percentuali più basse.
Per esempio, nel 2023 l’inflazione ha raggiunto il 5,4%, mentre nel 2022 si è attestata all’8,1%. In quegli anni, le pensioni più alte affrontavano riduzioni molto più significative, con aliquote che scendevano fino al 22% per importi superiori a 10 volte il minimo INPS. La struttura progressiva di allora prevedeva:
- 100% della rivalutazione fino a 4 volte il minimo;
- 85% tra 4 e 5 volte il minimo;
- 53% tra 5 e 6 volte il minimo;
- 47% tra 6 e 8 volte il minimo;
- 37% tra 8 e 10 volte il minimo;
- 22% oltre 10 volte il minimo.
Nel 2025, grazie alla rivalutazione definitiva dell’1%, molti pensionati risultano a credito di uno 0,2% per l’intero anno, un saldo positivo che rimarca l’importanza di questo meccanismo per tutelare il reddito da pensione.
La progressività introdotta negli ultimi anni ha quindi alleggerito la penalizzazione sulle pensioni più elevate, anche se la divisione in fasce determina comunque una disparità nel trattamento degli assegni, con un impatto diverso sulla capacità di spesa dei pensionati a seconda dell’importo percepito.
La struttura attuale mira a bilanciare la necessità di sostenere adeguatamente i trattamenti minimi, garantendo loro la rivalutazione piena, e quella di contenere l’impatto finanziario complessivo del sistema previdenziale, limitando gli aumenti sulle pensioni più alte.