Si profila un cambiamento significativo nella riforma delle pensioni 2026, con novità rilevanti che coinvolgono diverse fasce d’età.
Il governo si sta preparando a introdurre misure che potrebbero rivoluzionare il sistema previdenziale, abbandonando alcune formule adottate negli ultimi anni e potenziandone altre, per offrire una maggiore flessibilità e sostenibilità nelle uscite dal lavoro.
Il quadro delle modifiche all’orizzonte si concentra su tre punti fondamentali, che troveranno spazio nella prossima Legge di Bilancio.
Riforma pensionistica 2026: cosa cambia a 58, 62 e 64 anni
Innanzitutto, è prevista l’eliminazione di alcune misure considerate poco efficaci, come Quota 103, che verrà quasi certamente abolita dal 2026 a causa del limitato numero di adesioni.

Al contrario, si prospetta un importante potenziamento per Opzione Donna, una misura previdenziale storicamente apprezzata dalle lavoratrici, ma finora utilizzata da un numero ristretto di beneficiarie. Il governo intende rilanciarla, tornando a regole più favorevoli rispetto a quelle attuali, che avevano ristretto la platea degli aventi diritto.
Parallelamente, si sta lavorando a un progetto di integrazione tra previdenza obbligatoria e previdenza complementare, con l’introduzione di nuovi strumenti di flessibilità in uscita che potrebbero rappresentare una vera rivoluzione rispetto al passato.
Dopo mesi di dubbi e ipotesi di chiusura definitiva, il destino di Opzione Donna sembra ora segnato da un rafforzamento. L’idea è di tornare alle condizioni originarie, che avevano reso questa opzione una scelta vantaggiosa per molte lavoratrici, pur mantenendo il calcolo contributivo, che comporta un assegno pensionistico più contenuto.
Il nuovo assetto prevedrebbe quindi un’apertura totale alle uscite con almeno 35 anni di contributi e 58 anni di età per le dipendenti, mentre per le autonome il requisito anagrafico salirebbe a 59 anni. Sparirebbero i limiti attuali che limitano l’accesso solo a categorie particolari come le invalidi, le caregiver o le lavoratrici colpite da crisi aziendali.
Rimane confermato l’obbligo di maturare entrambi i requisiti (anagrafico e contributivo) entro la fine dell’anno precedente la domanda di pensionamento e il calcolo contributivo della pensione, che determina assegni più bassi rispetto al sistema retributivo.
Se da un lato Quota 103 sparisce, dall’altro l’età di 62 anni rimane centrale nel sistema pensionistico, ma con nuove modalità. Viene infatti introdotta la Quota 41 flessibile, che consente di andare in pensione con 62 anni di età e 41 anni di contributi, beneficiando però di penalizzazioni più leggere rispetto al passato.
In particolare, si abbandona il rigido ricalcolo contributivo, che in passato poteva ridurre l’assegno anche del 30%, e si passa a un taglio lineare del 2% per ogni anno di anticipo rispetto all’età pensionabile ordinaria, con un massimo del 10%. Questo correttivo rende la misura più sostenibile e appetibile per i lavoratori che scelgono di uscire anticipatamente.
La vera novità della riforma è però rappresentata dalla possibilità di pensionamento a 64 anni di età, una soglia che potrebbe segnare una svolta epocale. Attualmente questa opportunità è riservata solo a chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995, ma dal 2026 potrebbe essere estesa a un pubblico molto più ampio.
Con 64 anni di età e almeno 20 anni di contributi, si potrà accedere alla pensione a condizione che l’importo maturato sia almeno pari a tre volte l’assegno sociale. Questo requisito non è sempre facile da raggiungere per chi ha avuto carriere lavorative brevi o discontinue.
Per superare questo ostacolo, la riforma introduce un sistema innovativo: sarà possibile integrare l’importo pensionistico utilizzando il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) trasformandolo in una rendita mensile, oppure attivando una rendita derivante da un fondo pensione complementare.
Questa combinazione tra previdenza obbligatoria e complementare rappresenta un passo avanti verso una maggiore flessibilità e sostenibilità delle pensioni.
La proposta di integrazione tra TFR, previdenza complementare e pensione pubblica potrebbe trasformare radicalmente il modo in cui i lavoratori pianificano il loro pensionamento, offrendo nuove opportunità di uscita anticipata senza subire penalizzazioni eccessive.