Nel panorama immobiliare globale si affaccia una novità che potrebbe rivoluzionare le modalità di accesso al credito per l’acquisto di una casa.
Mentre negli Stati Uniti si stanno compiendo passi concreti verso l’adozione di questo innovativo strumento finanziario, in Italia la situazione rimane ancora bloccata da vincoli normativi e da un approccio prudente del sistema bancario nazionale.
Negli Stati Uniti, la Federal Housing Finance Agency ha richiesto a Fannie Mae e Freddie Mac, i principali enti americani per la concessione di mutui, di valutare la possibilità di accettare le criptovalute come garanzia patrimoniale per prestiti ipotecari.
Se questa iniziativa dovesse concretizzarsi, potrebbe permettere a milioni di americani di ottenere liquidità per l’acquisto di immobili senza dover convertire i propri Bitcoin in valuta tradizionale.
Il mercato immobiliare non te lo vuole dire
È importante sottolineare che non si tratta di mutui erogati direttamente in Bitcoin, bensì di mutui in valuta fiat (euro o dollari) garantiti da un deposito vincolato in criptovalute.

Il meccanismo prevede che il mutuatario blocchi i propri Bitcoin o Ethereum in un conto fiduciario (escrow), che rimangono di sua proprietà ma non disponibili fino al completo rimborso del prestito.
Il finanziamento erogato, infatti, è sempre in moneta a corso legale, utilizzabile per l’acquisto della casa. Per tutelarsi dalla volatilità delle criptovalute, gli istituti di credito applicano un rapporto Loan-to-Value (LTV) particolarmente prudente, solitamente compreso tra il 50% e il 70%.
Questo significa che chi possiede 300.000 dollari in Bitcoin potrebbe ottenere un mutuo tra 150.000 e 210.000 dollari, a seconda delle condizioni contrattuali e del rischio percepito.
Il piano di rimborso delle rate avviene in valuta fiat, anche se alcune piattaforme innovative stanno sperimentando la possibilità di pagamenti in criptovalute. Al termine del finanziamento, se tutte le rate sono state saldate correttamente, la garanzia digitale viene restituita al mutuatario.
L’idea di acquistare un immobile senza vendere le proprie criptovalute, mantenendo così intatto il proprio portafoglio digitale, è allettante soprattutto in mercati rialzisti. Tuttavia, la volatilità estrema di Bitcoin rappresenta una criticità non trascurabile.
Uno dei principali rischi è la margin call: se il valore del collaterale digitale scende oltre una soglia predefinita, il prestatore può richiedere l’integrazione di ulteriori garanzie o procedere alla liquidazione parziale dei Bitcoin per coprire l’esposizione. Ciò può comportare la perdita di una parte consistente del patrimonio, anche in assenza di ritardi nei pagamenti.
Inoltre, la necessità di una sovra-collateralizzazione limita fortemente la diffusione di questo strumento, rendendolo accessibile soprattutto a una ristretta cerchia di investitori con portafogli digitali di grande valore.
Non va infine dimenticato il tema della regolamentazione: al momento, in molti Paesi manca un quadro normativo chiaro per disciplinare l’utilizzo delle criptovalute come garanzia nei mutui. Questioni fiscali, operative e giuridiche restano ancora aperte, rendendo complessa l’adozione su larga scala.
In Italia, ad oggi, nessuna banca concede mutui con garanzia in Bitcoin. Nemmeno gli istituti più innovativi come Banca Sella, Banca Generali o Fineco hanno introdotto prodotti di questo tipo.
La motivazione principale risiede nel fatto che la normativa nazionale richiede garanzie facilmente valutabili e convertibili in liquidità in tempi rapidi, condizioni che le criptovalute non soddisfano ancora appieno a causa della loro elevata volatilità e dell’assenza di una regolamentazione definitiva.
In pratica, la possibilità di acquistare un immobile direttamente in Bitcoin esiste solo se il venditore è disposto ad accettare la criptovaluta come mezzo di pagamento, ma si tratta di una compravendita diretta e non di un mutuo.
Sul fronte fintech, alcune startup italiane, come CheckSig, hanno sviluppato piattaforme di prestito peer-to-peer garantite da criptovalute, ma queste soluzioni non sono comparabili con i mutui immobiliari tradizionali.
Il nuovo regolamento europeo MiCA (Markets in Crypto-Assets), entrato in vigore recentemente, punta a creare un quadro normativo armonizzato per gli asset digitali, compresi Bitcoin ed Ethereum.
Questo potrebbe teoricamente aprire la strada all’integrazione delle criptovalute nel sistema creditizio tradizionale, anche in Italia, attraverso l’adeguamento delle norme da parte di Banca d’Italia e Consob.
Tuttavia, il sistema bancario italiano si caratterizza per un approccio prudente e conservatore, rendendo poco probabile un’immediata apertura verso l’accettazione delle criptovalute come garanzia per mutui immobiliari su larga scala nel breve termine.
L’evoluzione del mercato immobiliare e finanziario dovrà quindi fare i conti con l’equilibrio tra innovazione tecnologica, gestione del rischio e quadro normativo, elementi chiave per l’eventuale diffusione dei mutui in Bitcoin nel nostro Paese.