In questi casi, è preferibile consegnare le immagini o le fotografie alle autorità competenti, lasciando a loro il compito di intervenire.
La pubblicazione di fotografie o video sui social network che ritraggono persone che commettono un illecito può comportare una multa fino a 20.000 euro.
A stabilirlo con chiarezza è stata la sentenza 1099 del Tribunale di Taranto, emessa il 16 maggio 2023, che ha delineato i confini della cosiddetta “giustizia fai da te” nell’era digitale, ribadendo i limiti imposti dal Regolamento Europeo sulla protezione dei dati personali (GDPR).
Multa per chi condivide immagini di illeciti senza autorizzazione
Il caso che ha portato alla pronuncia del Tribunale riguarda una società incaricata della raccolta dei rifiuti urbani nel Comune di Taranto, che aveva installato telecamere per individuare chi abbandonava illegalmente i rifiuti sul territorio.
La società, però, non si era limitata a registrare i video, ma aveva pubblicato su Facebook alcune immagini in cui i volti dei presunti responsabili erano perfettamente riconoscibili, senza alcuna forma di oscuramento.
Diverse segnalazioni di cittadini al Garante per la protezione dei dati personali hanno portato all’irrogazione di una sanzione di 200.000 euro per violazione del GDPR, in particolare per il mancato rispetto delle norme sulla privacy. Il Comune aveva però contestato la misura, sostenendo che la pubblicazione fosse giustificata dal legittimo interesse pubblico di prevenire e arginare il fenomeno dell’abbandono illecito di rifiuti.
Il Tribunale ribadisce i limiti alla diffusione dei dati personali online
Il Tribunale ha ridotto la sanzione a 20.000 euro, ma ha confermato con fermezza che la diffusione indiscriminata di dati personali sui social network è illegittima quando esula dalla finalità specifica per cui tali dati sono stati raccolti.
I dati personali devono essere trattati in modo proporzionato e limitato al solo scopo perseguito, senza esporre le persone a una vera e propria gogna mediatica, che può arrecare danni ben più gravi della semplice sanzione amministrativa.
In particolare, il giudice ha richiamato l’articolo 5 del GDPR, che impone ai titolari del trattamento di adottare misure di minimizzazione dei dati. Ciò significa che, anche in assenza del consenso degli interessati, i dati non possono essere conservati o diffusi oltre il necessario e con modalità che eccedano l’obiettivo di identificare i responsabili.

La violazione di queste disposizioni può comportare sanzioni fino a 10 milioni di euro o al 2% del fatturato annuo dell’azienda, se superiore, come previsto dall’articolo 83 del Regolamento.
La giustizia social e la privacy: un equilibrio delicato
La prassi di pubblicare sui social immagini o video di presunti autori di reati è sempre più diffusa, spesso con la motivazione di mettere in guardia la comunità da furti o altri crimini. Tuttavia, il Tribunale sottolinea che la giustizia fai da te non può superare i confini della privacy e della tutela dei dati personali.
Inoltre, l’installazione di telecamere in luoghi pubblici o accessibili al pubblico deve essere preceduta da una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati, per valutare i rischi e le misure di tutela necessarie. Va ricordato, infine, che l’articolo 114 del Codice di procedura penale vieta esplicitamente la pubblicazione di atti relativi a indagini in corso.