A partire dall’1 gennaio 2026 entreranno in vigore importanti novità sulle pensioni italiane, frutto delle disposizioni vigenti.
Nonostante la legge sia ancora all’esame del Parlamento, le principali modifiche sono già delineate e difficilmente subiranno ulteriori variazioni, anche a seguito della rinuncia di alcune forze politiche, come la Lega, a rivedere le misure di flessibilità pensionistica che verranno abolite.
Le novità riguardano principalmente i requisiti per il pensionamento, gli importi delle pensioni e la tassazione, anticipando però cambiamenti più rilevanti attesi per il 2027, quando si aggiorneranno i criteri di calcolo delle pensioni in base al montante contributivo e all’età pensionabile, adeguata alle aspettative di vita.
Le modifiche ai requisiti pensionistici nel 2026
Per il 2026 resta confermato il mantenimento dell’età pensionabile di vecchiaia a 67 anni, senza variazioni rispetto all’anno precedente, in attesa dell’incremento previsto per gennaio 2027. Anche i requisiti per la pensione anticipata rimangono invariati: 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e un anno in meno per le donne.
Continua ad essere disponibile l’Ape Sociale, una forma di pensionamento anticipato riservata ai lavoratori in condizioni particolari, come disoccupati, invalidi, caregiver e lavoratori impiegati in mansioni usuranti o gravose. Questa misura consente di smettere di lavorare già a 63 anni e 5 mesi percependo un’indennità massima di 1.500 euro.
Spariscono definitivamente dal 2026 due misure di flessibilità finora attive: Quota 103 e Opzione Donna. La prima, che permetteva il pensionamento anticipato a 62 anni con 41 anni di contributi, sarà accessibile solo a chi avrà maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2025. La seconda, pensata per le lavoratrici con almeno 61 anni di età e 35 anni di contributi, si chiude definitivamente al 31 dicembre 2024, senza alcuna proroga. Già negli anni scorsi, l’accesso a Opzione Donna era stato limitato a categorie specifiche, come invalide, caregiver o lavoratrici licenziate da grandi aziende.

Con l’entrata in vigore della legge di Bilancio 2026, cambiano anche le aliquote Irpef applicate alle pensioni. In particolare, il secondo scaglione di reddito tra 28.000 e 50.000 euro vedrà un abbassamento dell’aliquota dal 35% al 33%. Questo comporterà un risparmio fiscale del 2% sulla parte di pensione che rientra in tale fascia, con un vantaggio massimo di circa 440 euro annui per i pensionati con redditi prossimi ai 50.000 euro. Per pensioni di entità inferiore, ad esempio 30.000 euro annui, il beneficio si riduce sensibilmente, attestandosi attorno ai 40 euro l’anno.
Tra le novità più rilevanti si segnala l’aumento di 20 euro mensili sull’incremento al milione, ovvero la maggiorazione sociale riconosciuta alle pensioni e ad alcune prestazioni assistenziali come le pensioni di invalidità civile e l’Assegno sociale. Attualmente questo beneficio porta l’assegno minimo a quota 739 euro, mentre dal 2026, grazie anche alla rivalutazione generale, si prevede un valore intorno ai 770 euro.
Rivalutazione degli importi pensionistici
Il 2026 vedrà anche la tradizionale rivalutazione delle pensioni, che adegua gli importi all’aumento del costo della vita. Sebbene il tasso definitivo non sia ancora noto, le stime parlano di un incremento compreso tra l’1,4% e l’1,7%. Ciò si traduce in un aumento mensile tra i 14 e i 17 euro per chi percepisce una pensione di 1.000 euro, e tra i 28 e 35 euro per chi riceve 2.000 euro.
Tuttavia, per le pensioni di importo inferiore al trattamento minimo (circa 603 euro mensili), la rivalutazione straordinaria, oggi al 2,2%, sarà ridotta all’1,5%. Questa diminuzione riduce l’incremento straordinario riconosciuto negli anni precedenti dal governo Meloni, ma l’aumento dell’incremento al milione compenserà parzialmente questa riduzione, garantendo comunque un aumento complessivo rispetto al 2025.