Il Governo ha una soluzione che prevede uno stop graduale o selettivo all’innalzamento dell’età pensionabile.
Questo tema è particolarmente sentito, poiché l’aumento dei requisiti rischia di spostare ulteriormente in avanti il momento del pensionamento, con conseguenze importanti su lavoratori e previdenza.
Pensioni, se hai 30 anni di contributi ci vai molto prima: quanto prenderai di assegno
Il Consiglio dei Ministri è chiamato a definire la formula dello stop all’aumento automatico dei requisiti pensionistici, previsto a partire dal 2027 e che potrebbe allungare l’età di pensionamento di circa 3 mesi.

Tra le opzioni allo studio, spiccano due scenari: un incremento graduale dei requisiti tramite l’introduzione di finestre di decorrenza oppure un blocco dell’innalzamento rivolto esclusivamente a determinate categorie di lavoratori.
Le categorie più tutelate potrebbero essere i lavoratori che nel 2027 avranno già compiuto 64 anni e chi svolge attività gravose o usuranti. Per questi ultimi, infatti, la normativa attuale consente già di accedere alla pensione anticipata senza penalizzazioni sull’assegno e senza tagli, a partire da un minimo di 30 anni di contributi.
Pensione anticipata con 30 anni di contributi: chi ne ha diritto e come funziona
Uno dei punti chiave riguarda proprio chi, con almeno 30 anni di contributi, può andare in pensione anticipatamente. Questa soglia è particolarmente rilevante per alcune categorie di lavoratori che rientrano nell’ambito dell’Ape sociale, una misura previdenziale pensata per invalidi, caregiver e disoccupati.
Chi ha maturato 30 anni di contributi e ha almeno 63 anni e 5 mesi di età può usufruire dell’Ape sociale, ma con importanti limitazioni. Questa prestazione non include la tredicesima, non prevede maggiorazioni o assegni familiari, non è cumulabile con redditi da lavoro oltre una soglia di 5.000 euro annui e non è soggetta a rivalutazione annuale.
La platea dei beneficiari è ristretta e composta da:
– disoccupati che hanno esaurito la NASpI;
– invalidi con almeno il 74% di invalidità certificata;
– caregiver che convivono da almeno sei mesi con il familiare disabile assistito.
Per i lavoratori impiegati in attività gravose o usuranti, invece, la normativa prevede una possibilità di pensionamento anticipato rispetto alla generalità dei lavoratori. Pur con 30 anni di contributi effettivi (escludendo quelli figurativi, volontari o riscattati), l’età pensionabile per queste categorie è fissata a 66 anni e 7 mesi, a differenza dei 67 anni previsti per gli altri lavoratori.
Dal 2019, infatti, mentre l’età pensionabile generale è salita a 67 anni, per i lavoratori gravosi è rimasta congelata a 66 anni e 7 mesi. Se il governo dovesse confermare questa soglia come criterio di esclusione dall’aumento dei requisiti previsto per il 2027, si tratterebbe di un’importante salvaguardia per queste categorie.
I lavori gravosi comprendono 15 attività specifiche, già individuate nel quadro normativo e che consentono di accedere all’Ape sociale con 36 anni di contributi o alla cosiddetta “Quota 41” per i lavoratori precoci.
Alcuni di questi lavori permettono inoltre di accedere a particolari forme di uscita anticipata, come lo “scivolo usuranti” previsto dalla Quota 97,6, riservata a chi svolge mansioni particolarmente pesanti o logoranti.