Cosa cambia davvero con la riforma del sistema contributivo dal prossimo anno? Chi potrà andare davvero in pensione.
Il futuro delle pensioni nel 2026 resta ancora avvolto nell’incertezza, con decisioni ufficiali ancora da definire in vista delle prossime manovre di bilancio e dei decreti attuativi che il governo dovrà emanare.
Tra le questioni più attese vi è la possibile sterilizzazione dell’aumento dei requisiti di accesso alla pensione previsto per il 2027, una misura che potrebbe essere anticipata o modificata già nel corso del prossimo anno. Tuttavia, le premesse indicano che il 2026 sarà quasi certamente un anno di transizione per il sistema previdenziale italiano.
Pensioni 2026: un anno di attesa tra conferme e possibili novità
Il governo Meloni ha fissato un intervento strutturale sul sistema pensionistico entro la fine della legislatura, cioè nel 2027. Tuttavia, già nel 2026 potrebbero emergere segnali di cambiamento, che vanno dalla proroga delle misure attualmente in vigore fino all’introduzione di nuovi strumenti previdenziali. Nel frattempo, resta da capire se il prossimo anno vedrà soltanto un rinnovo delle misure esistenti o se si assisterà a veri e propri aggiustamenti.
La tendenza più probabile, in assenza di una vera riforma, è quella di una proroga delle misure già operative. Un precedente importante è rappresentato dal 2024, quando con la legge di bilancio sono state confermate misure come:
- Ape Sociale
- Opzione Donna
- Quota 103
Tuttavia, la riconferma della Quota 103 appare oggi meno scontata rispetto al passato, principalmente per due motivi: la bassa adesione da parte dei lavoratori e la possibile sovrapposizione con la più flessibile Quota 41, misura in fase di discussione e ancora non attuata. Il progetto della Quota 41 per tutti, che permetterebbe il pensionamento con 41 anni di contributi senza limiti di età, è da tempo oggetto di dibattito politico e tecnico. Tuttavia, la sua realizzazione è stata finora rinviata a causa dell’impatto economico che potrebbe avere sui conti pubblici.
Se attuata, questa misura sostituirebbe l’attuale pensione anticipata ordinaria, abolendo il vincolo anagrafico previsto da Quota 103 (che richiede almeno 62 anni di età). Un elemento chiave della proposta riguarda il calcolo interamente contributivo, l’assenza di finestre temporali per l’uscita anticipata e la totale flessibilità anagrafica. Queste caratteristiche rendono la Quota 41 flessibile una misura potenzialmente più vantaggiosa, ma anche più costosa per lo Stato.
Se la misura venisse approvata, sarebbe una vera rivoluzione, con la soppressione di Quota 103 a favore di un sistema più semplice e meno vincolato. Tuttavia, le difficoltà di bilancio e la necessità di mantenere la sostenibilità del sistema previdenziale potrebbero portare a limitazioni o penalizzazioni per contenere i costi.

Diversa è la situazione per altre misure previdenziali. L’Ape Sociale continua a mostrare una buona adesione e un ampio consenso tra i lavoratori, soprattutto nelle categorie più fragili o gravose. Con un requisito di 63 anni e 5 mesi, questa misura appare destinata a restare in vigore anche nel 2026, a meno di interventi radicali sul sistema pensionistico. La sua permanenza potrebbe rappresentare un punto fermo nel panorama previdenziale, offrendo una forma di tutela per chi si trova in condizioni di particolare difficoltà.
Per quanto riguarda invece Opzione Donna, la misura risulta sempre meno attrattiva, soprattutto dopo le limitazioni introdotte che ne hanno ridotto il campo di applicazione a specifiche categorie di lavoratrici. La possibilità di rinnovo per il 2026 appare quindi ridotta, in linea con la tendenza a contenere le spese previdenziali.
L’anno che verrà potrebbe dunque aprirsi con un intervento che, più che una riforma vera e propria, rappresenterebbe una sorta di evoluzione o rinomina di Quota 103, con la rimozione del requisito anagrafico. Questa soluzione, pur introducendo una maggiore flessibilità, non risolverebbe i problemi strutturali del sistema pensionistico italiano, ma si configurerebbe come una misura tampone in attesa di decisioni più radicali da parte dell’esecutivo.
Resta da vedere quali saranno le scelte politiche e tecniche che il governo adotterà nei prossimi mesi, anche alla luce delle pressioni delle parti sociali e del contesto economico generale. Gli occhi di pensionati e lavoratori restano puntati sulle prossime manovre di bilancio, veri momenti chiave per conoscere il destino delle pensioni nel 2026.