In vista del nuovo anno, sono state ufficializzate le modalità e le percentuali di aumento delle pensioni, in base al tasso di inflazione.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha confermato che, a partire dal 1° gennaio 2026, le pensioni aumenteranno dell’1,4% in base al tasso di inflazione previsto e ufficializzato tramite decreto. Questo adeguamento annuale fa parte del sistema di perequazione automatica, che aggiorna gli assegni previdenziali per mantenere il potere d’acquisto dei pensionati in linea con l’aumento del costo della vita.
È importante sottolineare che tale tasso è una previsione, in quanto i dati completi sull’inflazione 2025 saranno disponibili solo a fine anno. Nel corso del 2026, il tasso potrà essere rivisto in base a quello definitivo: se l’inflazione reale supererà l’1,4%, i pensionati riceveranno conguagli a credito, secondo le modalità stabilite dal governo.
Oltre alle pensioni, l’aumento dell’1,4% interesserà anche le prestazioni per invalidi civili e gli assegni sociali. Tuttavia, per chi percepisce pensioni superiori a quattro volte il trattamento minimo, la rivalutazione sarà parziale: il 90% della rivalutazione sarà applicato tra quattro e cinque volte il minimo, mentre oltre tale soglia l’aumento sarà limitato al 75%.
Il trattamento minimo pensionistico salirà da 603,40 euro a 611,85 euro mensili, mentre l’assegno sociale passerà da 538,69 a 546,23 euro al mese. Per le pensioni al di sotto del trattamento minimo, è previsto un incremento specifico di 20 euro mensili circa, corrispondente a una maggiorazione sociale rivolta ai pensionati con redditi più bassi.
Anche le prestazioni legate alle invalidità civili, come l’indennità di frequenza e gli assegni per ciechi civili, vedranno un rialzo da 336 a 340,70 euro mensili.
Rivalutazione contributiva: un rialzo del 4% per chi va in pensione nel 2026
Accanto all’aumento legato all’inflazione, dal 1° gennaio 2026 si applicherà anche una significativa rivalutazione del montante contributivo pari al 4,04%, la più alta registrata negli ultimi vent’anni. Questa rivalutazione incide sull’importo della pensione per i lavoratori che andranno in pensione durante il 2026, poiché l’ammontare dei contributi versati fino al 31 dicembre 2024 sarà aggiornato in base alla crescita nominale del PIL.
Questo meccanismo, introdotto dalla riforma Dini del 1995, permette che il valore dei contributi cresca insieme all’economia nazionale, garantendo un aumento automatico del montante contributivo e, di conseguenza, un assegno pensionistico più elevato per chi si pensiona dopo il 1° gennaio 2026 rispetto a chi esce dal lavoro entro il 2025.
Un esempio concreto: un lavoratore con un montante di 300.000 euro rivalutato del 4,04% raggiungerà un importo di circa 312.120 euro. Applicando il coefficiente di trasformazione per l’età di 67 anni, la pensione annua sarà pari a circa 17.504 euro, ossia una mensilità lorda di circa 1.346 euro.
Tuttavia, tale rivalutazione non si applica ai contributi versati nell’anno del pensionamento né a quelli dell’anno precedente, un dettaglio tecnico che può influenzare le scelte di chi è prossimo all’età pensionabile.

Gli aumenti dell’1,4% e la rivalutazione del 4,04% interesseranno principalmente le pensioni maturate e i montanti contributivi fino al 31 dicembre 2024. Pertanto, potranno beneficiare pienamente di questi incrementi i lavoratori che andranno in pensione nel corso del 2026.
Restano esclusi:
- Chi si pensionerà entro il 31 dicembre 2025, che riceverà l’adeguamento inferiore stabilito per gli anni precedenti;
- I pensionati già in godimento, per i quali sarà applicata solo la rivalutazione annuale legata all’inflazione e non quella del montante contributivo;
- I percettori di prestazioni assistenziali come assegni sociali o pensioni integrate al minimo, il cui importo non dipende dai contributi versati;
- I lavoratori con carriere discontinue o contributi limitati, che pur beneficiando formalmente della rivalutazione vedranno un aumento proporzionalmente più contenuto.
Questa situazione conferma come il sistema previdenziale italiano premi la continuità e la regolarità contributiva, valorizzando soprattutto chi ha versato regolarmente per lunghi anni.