Nel primo semestre del 2025 si registra un significativo calo nel numero delle nuove pensioni anticipate erogate dall’INPS.
Anche il totale delle pensioni liquidate evidenzia un trend negativo, con 397.691 nuove pensioni complessive, in ribasso a doppia cifra. Parallelamente, si osserva un aumento dell’età pensionabile effettiva, passata da 64,2 anni nel 2023 a 64,8 anni nel 2024. Questi dati suggeriscono un andamento positivo verso il contenimento della spesa previdenziale, ma emergono segnali di preoccupazione legati al fenomeno dei pensionati italiani all’estero, che potrebbe rappresentare un problema per la sostenibilità dei conti pubblici.
Il fenomeno dei pensionati italiani all’estero: numeri e destinazioni
Nel 2023, circa 3.100 pensionati italiani hanno scelto di trasferirsi all’estero portando con sé l’assegno INPS, un incremento rispetto ai 2.563 del 2022, ma comunque inferiore ai livelli pre-pandemia del 2019, quando si contarono 4.064 trasferimenti. Complessivamente, i pensionati italiani residenti fuori dai confini nazionali sono circa 310.000, in calo rispetto ai 373.000 del 2016.
Tra le destinazioni più ambite spicca il Portogallo, che nel quinquennio precedente al 2023 ha accolto circa 2.000 nostri connazionali, sebbene i nuovi arrivi siano crollati dell’83,7% rispetto al 2019, anno in cui il governo di Lisbona ha abolito i benefici fiscali per i residenti stranieri, provocando forti polemiche interne. Nel 2023, l’INPS ha erogato 157 milioni di euro a pensionati italiani residenti in Portogallo, principalmente nella regione dell’Algarve. Altri flussi consistenti si registrano verso la Spagna (147 milioni di euro) e la Tunisia (87 milioni), dove a Hammamet vivono circa 4.000 pensionati italiani.
Il trasferimento all’estero è motivato prevalentemente da ragioni fiscali. Nei Paesi maggiormente scelti dai pensionati italiani esistono regimi fiscali più favorevoli rispetto a quelli italiani, con aliquote ridotte o esenzioni sulle imposte pensionistiche. Per poter usufruire di tali agevolazioni è necessario iscriversi all’Anagrafe Italiani Residenti all’Estero (AIRE) e risiedere nel Paese straniero per almeno 183 giorni l’anno (184 negli anni bisestili). L’INPS eroga così le pensioni al lordo delle imposte, senza effettuare trattenute in Italia.
In Italia, infatti, per assegni pensionistici superiori a 50.000 euro lordi annui (poco più di 4.000 euro mensili), l’aliquota IRPEF raggiunge il 43%, a cui si aggiungono ulteriori addizionali regionali e comunali, portando l’imposizione fiscale complessiva intorno al 45%. Questo comporta un mancato gettito per lo Stato italiano, con un costo crescente per la finanza pubblica, considerato che la quota di pensionati italiani all’estero è triplicata rispetto al 2010, pur rimanendo una minoranza.

Il fenomeno del trasferimento all’estero dei pensionati italiani rischia di complicare ulteriormente la sostenibilità del sistema pensionistico nazionale. Se la tendenza dovesse consolidarsi, l’INPS dovrà continuare a erogare importi rilevanti a persone che vivono e spendono fuori dal territorio italiano, riducendo l’effetto moltiplicatore della spesa pensionistica sull’economia nazionale.
Per contrastare questa fuga fiscale, il governo italiano ha introdotto una flat tax del 7% destinata ai pensionati stranieri che scelgono di stabilirsi in piccoli Comuni del Mezzogiorno, in linea con le politiche adottate da Paesi come Portogallo e Grecia. Tuttavia, il successo di questa misura è stato finora limitato, principalmente per le restrizioni territoriali imposte e per la scarsa qualità dei servizi pubblici nelle zone interessate. Prima di incentivare l’arrivo di pensionati stranieri, sarebbe strategico comprendere le ragioni che spingono i pensionati italiani a emigrare: un regime fiscale meno competitivo e l’insufficienza dei servizi pubblici, come le lunghe attese nel sistema sanitario e la complessità burocratica, incidono negativamente soprattutto sugli over 60.
Un ulteriore elemento di attenzione riguarda il fatto che i benefici fiscali per i pensionati italiani all’estero sono attualmente riservati agli ex dipendenti del settore privato. Gli ex iscritti all’INPDAP, che rappresentano una platea numerosa, sono esclusi da queste agevolazioni. Se in futuro venissero inclusi, si potrebbe assistere a un aumento significativo dei trasferimenti verso l’estero, con un impatto ancora più pesante sulle casse pubbliche.
Il ruolo dell’INPS nella gestione delle pensioni all’estero
Dal 2012, l’INPS si avvale del gruppo Citi per la gestione dei pagamenti pensionistici ai beneficiari residenti all’estero, operando in circa 160 Paesi. Nel 2023 sono state erogate pensioni a oltre 310.000 persone residenti fuori dall’Italia, per un importo complessivo di circa 1,6 miliardi di euro, pari al 2,3% del totale delle pensioni INPS.
L’Istituto ha inoltre adottato procedure digitali avanzate per la certificazione dell’esistenza in vita dei pensionati residenti all’estero, tra cui la campagna 2025 che si svolge da marzo a luglio e l’utilizzo di videochiamate presso uffici consolari per evitare spostamenti fisici. Per i pagamenti, è disponibile anche l’opzione Western Union, che consente ai pensionati di riscuotere le rate mensili in modo rapido e senza attese.
Le pensioni erogate in regime internazionale, cioè calcolate considerando anche periodi assicurativi maturati in Paesi con convenzioni bilaterali con l’Italia, rappresentano circa 680.000 trattamenti, di cui il 36% viene pagato all’estero, per un importo di circa 562 milioni di euro.