La Corte Suprema di Cassazione ha diramato un’importante sentenza, che stabilisce con chiarezza i confini del pagamento dell’Imu.
La pronuncia conferma che il tributo è dovuto anche quando l’immobile risulta inagibile, abusivo, destinato a demolizione o non utilizzabile, a condizione che esista materialmente e sia iscritto (o accatastabile) al catasto edilizio urbano.
La vicenda che ha portato alla pronuncia della Suprema Corte nasce nell’ambito di una procedura fallimentare di una società a responsabilità limitata in liquidazione, che aveva ricevuto dal Comune un avviso di accertamento per il versamento della Tari e, implicitamente, dell’Imu, relativo a diversi immobili di sua proprietà. Il curatore fallimentare aveva contestato la legittimità dell’imposizione fiscale, sostenendo che gli immobili erano sottoposti a sequestro, ordine di demolizione e acquisizione, non avevano valore commerciale e non erano concretamente utilizzabili. Pertanto, secondo la difesa, avrebbero dovuto essere tassati solo sul valore dell’area di sedime, come nel caso di fabbricati in costruzione, godendo così di un trattamento fiscale più favorevole.
Tuttavia, sia la Commissione tributaria provinciale sia quella regionale avevano rigettato il ricorso, decisione confermata dalla Cassazione con la sentenza n. 27017/2025. La Corte ha quindi chiarito che l’obbligo di versare l’Imu sussiste finché l’immobile esiste fisicamente e risulta iscritto o accatastabile al catasto edilizio urbano, indipendentemente dal suo stato di conservazione, dalla sua agibilità o utilizzabilità.
Quando è dovuta l’Imu: chiarimenti dalla Cassazione
La sentenza specifica alcune condizioni fondamentali che legittimano la richiesta dell’Imu da parte del Comune:
- Non è necessario il certificato di agibilità, ossia il riconoscimento amministrativo che l’edificio sia conforme alle norme di sicurezza, igiene e risparmio energetico.
- Non conta l’utilizzabilità concreta dell’immobile, cioè la possibilità materiale di usarlo, che può essere assente anche in presenza di regolare agibilità.
- L’iscrizione al catasto edilizio urbano è di per sé sufficiente a generare l’obbligo fiscale, anche in assenza di agibilità o utilizzabilità effettiva.
Inoltre, la Corte ha precisato che l’iscrizione catastale non è nemmeno una condizione imprescindibile: l’Imu si applica anche agli immobili accatastabili, ovvero riconoscibili come fabbricati completati nella loro struttura essenziale. Ciò significa che il tributo non dipende dalla regolarità urbanistica né dalla concreta possibilità di utilizzo del bene, ma solo dalla sua esistenza materiale come costruzione. La disciplina fiscale, dunque, è autonoma rispetto a quella edilizia e urbanistica.

La sentenza non esclude, tuttavia, la possibilità di una riduzione del 50% dell’Imu per gli immobili inagibili o inabitabili, prevista dalla normativa vigente, ma solo se sussistano condizioni oggettive, comprovate e documentate. Tali condizioni possono riguardare, ad esempio, immobili con cedimenti strutturali causati da eventi naturali o danni derivanti da incendi.
È importante sottolineare che la inagibilità rilevante ai fini Imu è quella di natura fisica e materiale e non quella derivante da vincoli amministrativi o provvedimenti.
Un passaggio particolarmente rilevante della pronuncia riguarda gli immobili soggetti a ordine di demolizione. La Corte di Cassazione afferma che il mero ordine comunale di demolizione non esonera dal pagamento dell’Imu. L’imposta è dovuta finché l’immobile non venga effettivamente demolito, poiché fino a quel momento esso continua ad esistere come fabbricato. Solo con l’effettiva demolizione il bene perde la qualificazione di fabbricato e diventa terreno o area edificabile, soggetti a regime fiscale differente.