La Naspi rappresenta uno strumento essenziale per chi si trova improvvisamente senza lavoro.
Tuttavia, è fondamentale conoscere con attenzione le regole e le scadenze legate a questa indennità, perché l’INPS può richiedere la restituzione delle somme erogate in modo errato o indebito. Vediamo in quali casi può accadere e quali sono gli obblighi per evitare di incorrere in richieste di rimborso.
La Naspi (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) è l’indennità per disoccupati gestita dall’INPS, destinata a chi perde il lavoro per cause non volontarie. Ne hanno diritto, ad esempio, i lavoratori con contratto a termine che non viene rinnovato, così come i licenziati, sia individuali che collettivi, inclusi quelli per motivi disciplinari.
Naspi, attenzione alle scadenze e alle regole: l’INPS può richiederti subito i soldi indietro
Le dimissioni volontarie generalmente escludono l’accesso alla Naspi, a meno che non siano motivate da giusta causa, come previsto dalla normativa vigente. L’indennità viene calcolata in base alla metà delle settimane di contribuzione effettiva degli ultimi quattro anni, escludendo i periodi già coperti da altre indennità di disoccupazione.

L’importo corrisponde al 75% della retribuzione media mensile percepita nel quadriennio precedente, entro certi limiti stabiliti dalla legge. La durata massima è di 24 mesi, ma può essere sospesa o revocata in situazioni specifiche. Non è raro che dopo la percezione della Naspi il beneficiario si trovi a dover restituire parte o tutta l’indennità all’INPS. Questo può accadere in diversi casi:
- Errore nell’erogazione: a volte l’INPS accredita somme superiori a quelle spettanti, soprattutto se la durata della Naspi è breve e non c’è tempo per i conguagli automatici. In queste situazioni, al termine del periodo di indennizzo, arriva una comunicazione formale con la richiesta di rimborso.
- Nuova occupazione non comunicata: chi inizia un nuovo lavoro durante la percezione della Naspi deve obbligatoriamente informare l’INPS entro 30 giorni dall’inizio del rapporto, tramite il modello Naspi-Com. Se la comunicazione manca o arriva in ritardo, l’ente può continuare a erogare l’indennità a prescindere, per poi chiedere la restituzione delle somme percepite indebitamente.
- Contributi versati in modo irregolare: controlli successivi all’erogazione possono far emergere anomalie nei contributi comunicati dai datori di lavoro, con conseguente richiesta di restituzione.
Nel caso di un nuovo impiego a tempo determinato inferiore a sei mesi, la Naspi viene sospesa e ricalcolata sulla base del reddito presunto, mentre per contratti a tempo indeterminato o di durata superiore l’indennità decade completamente. In ogni caso, la trasmissione del modello Naspi-Com rimane un obbligo imprescindibile.
La restituzione delle somme indebitamente percepite può avvenire in vari modi. L’INPS solitamente invia una comunicazione di indebito invitando il destinatario a versare l’importo tramite modello F24.
Per importi più elevati, è possibile richiedere la rateizzazione del debito, che verrà valutata dall’ente caso per caso. La mancata restituzione può portare all’attivazione delle procedure di riscossione coattiva, affidate anche all’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
Chi riceve la comunicazione di indebito ha la facoltà di presentare un ricorso amministrativo entro 90 giorni dalla notifica, qualora ritenga che la richiesta sia ingiusta o errata. È quindi importante conservare tutta la documentazione relativa alla Naspi e alle comunicazioni con l’INPS per tutelarsi efficacemente.
In definitiva, per evitare spiacevoli sorprese, è essenziale rispettare le scadenze e gli obblighi informativi durante il periodo di percezione della indennità e monitorare attentamente tutte le comunicazioni ricevute dall’INPS, mantenendo sempre aggiornate le informazioni su eventuali nuove occupazioni o variazioni della propria situazione lavorativa.