Mentre Jeff Bezos celebra il suo sontuoso matrimonio con Lauren Sánchez, una storia parallela si dipana con una forza diversa ma altrettanto significativa: quella di MacKenzie Scott, ex moglie di Bezos, co-fondatrice silenziosa di Amazon e oggi protagonista indiscussa di una rivoluzione filantropica che sta trasformando il modo di concepire la ricchezza e la sua redistribuzione.
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MacKenzie Scott: da co-fondatrice di Amazon a filantropa innovativa
Nata a San Francisco il 7 aprile 1970, MacKenzie Scott, prima conosciuta come MacKenzie Tuttle, ha vissuto un’esperienza personale segnata fin da giovane dalla precarietà economica, nonostante l’origine benestante della famiglia. Dopo il crollo finanziario del padre nel 1987, ha lavorato come cameriera e lavapiatti per mantenersi durante gli studi a Princeton, dove ha avuto come mentore la scrittrice Premio Nobel Toni Morrison, che l’ha definita “una delle migliori studentesse che abbia mai avuto”.
Nel 1992, durante un colloquio presso il fondo hedge D.E. Shaw di New York, incontrò Jeff Bezos, allora vice-presidente dell’azienda. I due si sposarono l’anno successivo e, nel 1994, si trasferirono a Seattle per avviare un’impresa destinata a rivoluzionare il commercio digitale: Amazon. MacKenzie Scott ha ricoperto un ruolo chiave, seppur discreto, nella nascita della società, occupandosi dei primi contratti di trasporto e della contabilità mentre Bezos lavorava al business plan durante il celebre viaggio da New York a Seattle. Questa collaborazione ha contribuito a fondare uno degli imperi più influenti dell’e-commerce globale.
Il loro matrimonio durò fino al 2019, quando il divorzio le assegnò circa il 4% delle azioni Amazon, valutate allora 38 miliardi di dollari. Da quel momento, MacKenzie Scott è diventata la terza donna più ricca degli Stati Uniti, con un patrimonio attuale stimato intorno ai 36 miliardi di dollari secondo il Bloomberg Billionaires Index.
Una filantropia radicale e silenziosa: il modello “Yield Giving”
Più che per la sua ricchezza, MacKenzie Scott è oggi nota per la sua filantropia rivoluzionaria. Nel maggio 2019 ha aderito al Giving Pledge, impegnandosi a donare più della metà della sua fortuna. Da allora ha distribuito oltre 19,2 miliardi di dollari a più di 2.450 organizzazioni, con un metodo che rompe gli schemi tradizionali della beneficenza.
Nel 2022 ha creato la fondazione Yield Giving, basata su due modalità operative: il “Quiet Research”, che prevede il contatto diretto e discreto con le organizzazioni beneficiarie senza passare da processi di candidatura formali, e l’“Open Call”, un meccanismo aperto di selezione introdotto nel 2023. Le donazioni sono caratterizzate da importi elevati – mediamente intorno ai 5 milioni di dollari per organizzazione, ben superiori ai 123mila dollari tipici della filantropia convenzionale – e sono prive di vincoli rigidi sull’uso dei fondi o di obblighi di rendicontazione dettagliata.
Questa modalità rappresenta una critica implicita al tradizionale modello filantropico, spesso considerato dirigista e paternalistico, dove i ricchi stabiliscono come e dove le risorse debbano essere spese. Scott, al contrario, punta a un approccio basato sulla fiducia e sull’autonomia delle organizzazioni, spesso piccole realtà difficilmente raggiunte dai grandi donatori.
Nel solo 2024, la sua fondazione ha distribuito circa 2 miliardi di dollari a 199 enti, introducendo per la prima volta un processo di candidatura che ha assegnato altri 640 milioni a più di 360 organizzazioni. Il 75% delle risorse è stato destinato a progetti volti a garantire sicurezza economica, alloggi accessibili, stabilità lavorativa, sviluppo infantile e istruzione superiore.
Uno studio triennale del Center for Effective Philanthropy ha evidenziato come queste donazioni abbiano avuto un impatto “trasformazionale”, consentendo alle organizzazioni di investire in dotazioni, incrementare i budget operativi e assumere consulenti per migliorare la propria efficacia strategica.
Controversie e critiche: il dibattito sulla filantropia di MacKenzie Scott
L’approccio di MacKenzie Scott, pur lodato da molti, ha suscitato anche polemiche. Personalità come Elon Musk hanno criticato le sue donazioni a favore di cause sociali progressiste, in particolare di organizzazioni che supportano la comunità LGBTQIA+ e promuovono giustizia sociale e diritti degli immigrati. Nel 2024, 15 delle organizzazioni beneficiarie hanno avuto un ruolo diretto nel sostegno a queste comunità, scatenando reazioni negative da parte di ambienti conservatori, che hanno accusato Scott di finanziare “cause estreme”.
Questi contrasti riflettono una più ampia tensione nel sistema economico contemporaneo: il ruolo e il diritto dei super-ricchi di influenzare l’agenda sociale attraverso la filantropia strategica. Tuttavia, MacKenzie Scott continua a mantenere una ricchezza stimata di oltre 31 miliardi di dollari, dimostrando il paradosso moderno per cui la crescita degli asset finanziari può superare la velocità con cui anche i filantropi più generosi riescono a redistribuire il proprio patrimonio.
In questo senso, le donazioni di Scott rappresentano una sfida significativa per i miliardari globali, molti dei quali destinano solo l’1,2% della loro ricchezza alla beneficenza ogni anno.
Un modello che cambia le regole del capitalismo
Il contributo di MacKenzie Scott alla filantropia si può definire come una vera e propria disruption del capitalismo tradizionale. Il suo modello mette in discussione tre principi chiave: che i detentori di capitale siano i migliori allocatori di risorse, che la filantropia debba essere necessariamente controllata e burocratizzata, e che la ricchezza estrema sia un dato immutabile.
Attraverso la sua riservatezza, la scelta di non legare il proprio nome a edifici o fondazioni e la preferenza per donazioni rapide e non condizionate, Scott dimostra che il potere trasformativo della ricchezza può risiedere nella sua strategica e discreta redistribuzione, piuttosto che nel suo accumulo ostentato o nello spreco spettacolare.
Nel confronto tra la nuova moglie di Bezos, Lauren Sánchez, e MacKenzie Scott, emerge una lezione potente e moderna: il vero “matrimonio con la ricchezza” non è quello sponsorizzato da abiti couture e feste milionarie, ma quello che si traduce in un impatto sociale duraturo e concreto.