Legge 104, se l’assistenza è solo di notte rischio il licenziamento? La legge è chiara: quando si rischia

Il tema dei permessi riconosciuti dalla legge 104 torna sotto i riflettori della giurisprudenza. Ecco come è intervenuta la Cassazione

Una recente pronuncia della Corte di Cassazione (sentenza n. 23185) ha stabilito principi importanti in materia, destinati a incidere sia sulle aziende sia sui lavoratori che assistono familiari con disabilità grave.

La questione nasce dal licenziamento di un dipendente accusato di aver usato in modo scorretto i giorni di permesso retribuito. Secondo l’azienda, l’uomo avrebbe trascorso parte di quelle giornate al mare, invece che dedicarsi all’assistenza del familiare.

La vicenda: dal licenziamento alla reintegrazione

L’impresa, convinta di trovarsi davanti a un abuso, aveva incaricato investigatori privati per monitorare i movimenti del dipendente. I rapporti segnalavano la sua presenza in spiaggia con il figlio durante alcune mattine d’agosto, negli stessi giorni di assenza dal lavoro coperti dai permessi 104.

Assistenza disabili, sentenza
I diritti relativi all’assistenza ai disabili – (impresamia.com)

Sulla base di tali risultanze, il datore decise per il recesso immediato. Il tribunale di primo grado confermò la misura disciplinare, ma in appello la decisione fu ribaltata: i giudici ordinarono la reintegrazione, ritenendo insufficienti e lacunose le prove raccolte.

La Cassazione ha confermato la sentenza di secondo grado, sottolineando due aspetti fondamentali. Onere della prova: spetta all’azienda dimostrare in modo certo e completo che il lavoratore abbia realmente utilizzato i permessi per scopi estranei all’assistenza. In questo caso, le indagini erano parziali e non hanno provato la mancanza di cura nei confronti del familiare. Flessibilità dei tempi di assistenza: la legge non impone che il sostegno al disabile coincida con le ore di lavoro del dipendente. È sufficiente che l’assenza sia effettivamente finalizzata alla cura, anche se prestata in orari serali o notturni.

Il lavoratore aveva documentato di assistere la madre nelle ore notturne, momento in cui le sue condizioni di salute richiedevano maggiore presenza. Secondo la Suprema Corte, non bastano supposizioni o controlli investigativi incompleti per giustificare un licenziamento per giusta causa. È necessaria la prova certa che l’assistenza non sia stata prestata in alcuna fascia della giornata. In assenza di questo elemento, il recesso disciplinare è illegittimo.

Di conseguenza, il dipendente ha ottenuto la reintegrazione, mentre il ricorso dell’azienda è stato respinto. La sentenza chiarisce che i permessi 104 costituiscono un diritto soggettivo e che l’utilizzo di queste giornate non può essere limitato da vincoli orari arbitrari. L’assistenza al familiare disabile può essere modulata in base alle reali esigenze sanitarie, anche in momenti diversi dalla normale attività lavorativa.

Per i datori di lavoro significa che, in caso di contestazioni, non bastano sospetti o verifiche superficiali: occorre dimostrare in modo inequivocabile un uso improprio dei permessi. Per i dipendenti, invece, si rafforza la tutela, purché vi sia un effettivo impiego del tempo a favore del familiare disabile.

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