Si intensifica il dibattito sull’aumento dell’IVA in Italia, con la prospettiva di un incremento record.
Questa ipotesi, al centro delle discussioni politiche ed economiche, sta generando forti preoccupazioni tra famiglie e imprese, già provate da anni di difficoltà economiche e inflazione persistente.
L’attuale aliquota ordinaria in Italia è fissata al 22%, con aliquote ridotte al 10% e al 4% per beni di prima necessità.
L’ipotesi di una super IVA al 27%: cosa significa per famiglie e imprese
L’eventuale rialzo al 27% rappresenterebbe una vera e propria stangata che si rifletterebbe su una vasta gamma di prodotti e servizi: dall’abbigliamento all’elettronica, dai carburanti ai servizi professionali, fino a gran parte dei beni per la casa.

L’IVA è un’imposta indiretta che incide su ogni fase della filiera produttiva, e un suo aumento si traduce inevitabilmente in un incremento generalizzato dei prezzi al consumo.
Secondo le analisi più recenti, un aumento di soli cinque punti percentuali potrebbe determinare un rincaro immediato nei listini e nel carrello della spesa degli italiani, aggravando ulteriormente il potere d’acquisto delle famiglie, già strette tra mutui, bollette e costi crescenti.
Le imprese, soprattutto quelle operanti in settori con margini di profitto ridotti, rischiano di subire un contraccolpo significativo. La possibilità di trasferire l’aumento dell’imposta sui consumatori finali è spesso limitata e, di conseguenza, queste realtà potrebbero trovarsi a dover assorbire parte dei maggiori costi, con ripercussioni sulla loro sostenibilità economica.
Gli economisti mettono in guardia da un possibile effetto a catena sui consumi interni e sull’intera economia nazionale. L’incremento dell’IVA riduce il potere d’acquisto delle famiglie e tende a frenare la domanda, influendo negativamente sulla crescita del PIL.
In un contesto economico ancora fragile, caratterizzato da una ripresa incerta e da tensioni sui mercati energetici, la prospettiva di una nuova tassa “invisibile” genera più di un allarme.
Anche le associazioni dei consumatori sottolineano il rischio di un ulteriore impoverimento delle classi medie, già erose da anni di rincari progressivi e stagnazione salariale. La percezione diffusa è che l’aumento dell’IVA rischia di aggravare il divario sociale e di penalizzare soprattutto le fasce più vulnerabili della popolazione.
L’ipotesi di un aumento dell’IVA non si inserisce in un vuoto normativo o politico. La Commissione Europea da tempo sollecita l’Italia a rafforzare la stabilità fiscale e a incrementare il gettito tributario, soprattutto in vista della conclusione delle misure straordinarie adottate durante la pandemia e la crisi energetica.
Tuttavia, la strada di un aumento dell’imposta sui consumi è considerata la più impopolare e socialmente rischiosa. Il Governo si trova dunque a dover bilanciare due esigenze contrastanti: da una parte la necessità di mantenere i conti pubblici in ordine per rispettare i vincoli europei, dall’altra la volontà di evitare un aggravio eccessivo per famiglie e imprese, già provate da anni di difficoltà economiche.
Il dibattito politico si divide tra chi vede nell’aumento dell’IVA un passaggio obbligato per evitare manovre correttive più drastiche e chi invece teme le conseguenze sociali di un simile provvedimento. Al momento, non sono state ufficializzate decisioni definitive, ma la mera ipotesi di un rialzo al 27% pesa come uno spettro sulle prospettive economiche per il 2026.
La sensibilità dei mercati e dei cittadini verso l’argomento IVA rimane alta, e ogni possibile manovra fiscale sarà attentamente monitorata. Per ora, l’Italia mantiene l’aliquota al 22%, ma il confronto tra esigenze di bilancio e tutela del tessuto economico e sociale del Paese resta un nodo cruciale per le scelte future.