INPS, scatta la svolta sulle pensioni: come ottenere un aumento del 20% cin un trucco legale che pochi conoscono

Una nuova misura in arrivo potrebbe consentire ad alcuni pensionandi di ottenere un incremento importante sull’assegno previdenziale

Parliamo di un aumento che può arrivare fino al 20%, semplicemente posticipando di pochi mesi l’uscita dal lavoro. Come è possibile? La risposta si trova nella riforma della “quota 41 flessibile”, che dovrebbe sostituire la quota 103, prevista dal governo.

Dal punto di vista dei requisiti, le due misure sono simili: entrambe richiedono almeno 62 anni di età e 41 anni di contributi. La differenza cruciale risiede nel modo in cui l’INPS calcola l’importo della pensione. Chi decide di aspettare qualche mese in più e accedere alla quota 41 flessibile, potrebbe vedere un incremento sostanziale dell’assegno pensionistico, a patto che la misura venga confermata nella Legge di Bilancio, trasformandosi così in una norma definitiva.

Aumenta del 20% la tua pensione

A livello di requisiti anagrafici e contributivi, la quota 41 flessibile non differisce dalla quota 103. La differenza principale è nel sistema di calcolo della pensione. La quota 41 flessibile è basata su un calcolo “misto”, che combina il sistema retributivo con quello contributivo. La quota 103, invece, utilizza esclusivamente il calcolo interamente contributivo.

Aumenta la tua pensione
Come aumentare del 20% la tua pensione – (impresamia.com)

Questa variazione nel metodo di calcolo può comportare un aumento significativo dell’assegno pensionistico, fino al 20% in più, se si decide di posticipare l’uscita di pochi mesi. In sostanza, il sistema misto aiuta ad attenuare gli effetti negativi derivanti dal calcolo contributivo, che altrimenti ridurrebbe l’importo della pensione.

Il calcolo retributivo si applica a chi ha versato contributi fino al 31 dicembre 1995 e determina l’importo della pensione in base agli ultimi stipendi percepiti. Per i lavoratori che, al 31 dicembre 1995, avevano meno di 18 anni di contributi, il sistema retributivo si applica solo fino a quella data, mentre il contributivo entra in gioco successivamente.

I lavoratori che vantano un lungo periodo di contribuzione (almeno 18 anni entro il 1995) sono più penalizzati dal sistema contributivo, che può ridurre la pensione anche del 30% o più. Con la quota 41 flessibile, però, il calcolo misto riduce drasticamente questa penalizzazione, migliorando l’assegno.

Con la quota 41 flessibile, chi ha accumulato contributi per anni può evitare il pesante taglio del 30% imposto dal sistema contributivo. Tuttavia, nonostante il vantaggio, anche con questa nuova misura esistono delle penalizzazioni per chi decide di ritardare il pensionamento.

Secondo lo schema attualmente in discussione, ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni di età comporterebbe una riduzione del 2% della pensione. Chi decidesse di uscire dal lavoro alla soglia dei 62 anni subirebbe dunque una riduzione del 10%. Sebbene questa decurtazione sia inferiore al 30% previsto per chi segue il calcolo interamente contributivo, si tratta comunque di un sacrificio che potrebbe essere evitato.

Per i lavoratori che completeranno i requisiti per la quota 103 nel 2025, la scelta di posticipare l’uscita dal lavoro potrebbe rivelarsi ancora più vantaggiosa grazie al cosiddetto “bonus Giorgetti”. Questo incentivo, pensato per chi rimanda il pensionamento, consente di ottenere un incremento del 10% sulla pensione mensile per ogni mese di lavoro aggiuntivo.

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