Oltre alle sanzioni, il datore di lavoro resta obbligato a versare i contributi non pagati maggiorati degli interessi di mora.
La Corte Costituzionale ha ribadito con fermezza la legittimità delle sanzioni amministrative e penali a carico delle aziende che non provvedono al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dei propri dipendenti.
Una questione di cruciale importanza che impone un’attenzione particolare da parte degli imprenditori per evitare conseguenze economiche gravissime e ripercussioni sul piano legale e reputazionale.
La Corte Costituzionale conferma la severità delle sanzioni per il mancato versamento dei contributi
La sentenza n. 103 del 2025 è nata da un intervento del Tribunale di Brescia, che ha sollevato dubbi di costituzionalità riguardo all’articolo 2, comma 1-bis, del decreto-legge n. 463/1983, così come modificato dal decreto-legge n. 48/2023.
Tale norma prevede una sanzione amministrativa pecuniaria che può arrivare da 1,5 a 4 volte l’importo dei contributi non versati, entro un limite annuo di 10.000 euro. Oltre questa soglia, scatta la sanzione penale con pene fino a tre anni di reclusione e una multa fino a 1.032 euro.
Il giudice bresciano aveva evidenziato una possibile sproporzione tra la sanzione amministrativa e quella penale, ritenendo eccessivamente onerosa la prima. Tuttavia, la
Consulta ha chiarito che la normativa vigente rispetta i principi costituzionali di proporzionalità e ragionevolezza, sottolineando la gravità sociale dell’omissione del versamento delle ritenute, che costituisce una vera e propria distrazione di somme destinate a coperture previdenziali fondamentali per i lavoratori.
Sanzioni amministrative e penali: cosa rischiano le aziende
Il mancato versamento dei contributi rappresenta un illecito grave, che mette a rischio i diritti previdenziali dei dipendenti, con effetti negativi su pensioni, indennità e sostegno al reddito come la Naspi.

Secondo la normativa, l’azienda che omette i versamenti rischia sanzioni amministrative pari al 150% – 400% dell’importo non versato, qualora l’omissione non superi i 10.000 euro annui. Se invece la soglia viene superata, si configura un reato penale, con conseguenze anche sul piano giudiziario e sulla reputazione dell’impresa.
La Corte ha inoltre sottolineato che l’impresa può evitare sia la sanzione amministrativa sia quella penale se provvede a regolarizzare la propria posizione entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’accertamento.
L’impatto delle sanzioni e l’importanza della regolarità contributiva
La Consulta ha evidenziato come la responsabilità penale, rispetto a quella amministrativa, comporti un impatto ben più ampio, includendo non solo la multa ma anche possibili pene accessorie e l’obbligo di risarcire i danni. Inoltre, le imprese condannate possono subire restrizioni nella capacità di stipulare contratti e gravi danni d’immagine.
Il quadro normativo ha un obiettivo chiaro: scoraggiare pratiche evasive e garantire la tutela dei diritti dei lavoratori, assicurando la stabilità del sistema pensionistico nazionale. Per questo motivo, il legislatore ha scelto di mantenere in vigore norme rigorose, riconosciute come pienamente conformi ai valori costituzionali.