Non sempre basta l’età: contano anni di contributi, categoria lavorativa, condizioni di salute e strumenti integrativi.
Raggiungere la pensione a 57 anni è un desiderio comune, perché l’idea di avere più tempo libero per viaggi, hobby e famiglia fa sognare molti lavoratori maturi. Ma la domanda resta: nel 2025 è davvero possibile lasciare il lavoro a questa età? La risposta, già, non è uguale per tutti. Solo alcune categorie, con requisiti molto precisi, possono farcela. La maggior parte dei lavoratori dovrà invece attendere la pensione di vecchiaia, fissata oggi a 67 anni con almeno 20 anni di contributi, anche cumulabili.
Chi punta al pensionamento anticipato deve valutare due aspetti: la normativa vigente (che cambia spesso) e il costo economico della scelta, perché andare via prima significa quasi sempre ricevere un assegno più basso. È una decisione che richiede pianificazione, nei tempi e nel portafoglio. Vediamo quali sono le opzioni possibili.
Pensione a 57 anni: quando si può davvero?
Per ottenere la pensione Inps a 57 anni nel 2025 bisogna rientrare in casi particolari, spesso legati a condizioni fragili, a una carriera molto lunga o a misure agevolative. E serve sempre un requisito contributivo solido, perché nessuna norma consente un’uscita molto anticipata se il lavoratore ha versato pochissimi anni.

Una delle vie è la pensione di vecchiaia anticipata per invalidi. Possono richiederla lavoratori dipendenti del settore privato con invalidità pari o superiore all’80%, purché abbiano almeno 20 anni di contributi successivi al riconoscimento dello stato invalidante. Nel 2025 riguarda soprattutto le donne, perché l’età minima prevista è 56 anni per loro e 61 anni per gli uomini. In più, occorre tener conto del periodo di decorrenza di circa un anno tra domanda ed erogazione.
Una seconda possibilità è la pensione anticipata ordinaria. Qui non si guarda all’età anagrafica, ma solo ai contributi. Le donne devono aver versato 41 anni e 10 mesi, gli uomini 42 anni e 10 mesi. Si tratta di una misura pensata per chi ha iniziato a lavorare giovanissimo e ha contributi continuativi sin dall’adolescenza. Una donna che abbia cominciato a 15 anni e senza interruzioni potrebbe, in teoria, andare in pensione proprio attorno ai 57 anni.
Esiste poi Quota 41, accessibile solo a categorie tutelate: disoccupati, persone con invalidità, lavoratori gravosi o usuranti o caregiver. Anche qui servono 41 anni di contributi, di cui almeno uno versato prima dei 19 anni. È una misura più ristretta, con requisiti doppi, ma apre uno spiraglio per chi ha svolto lavori difficili o è impegnato nell’assistenza familiare.
Altra soluzione è Opzione Donna, riservata alle lavoratrici che hanno maturato almeno 35 anni di contributi ma con un’età più alta rispetto al passato. Nel 2025 si può uscire a 61 anni senza figli, 60 anni con un figlio e 59 anni per chi ne ha due o più. È dunque una misura che non permette l’uscita a 57 anni, ma rimane una delle strade femminili più utilizzate.
Un’opzione diversa riguarda la gestione aziendale dei lavoratori maturi: la Isopensione consente l’uscita anticipata fino a 7 anni prima della pensione di vecchiaia, ma solo nelle aziende con più di 15 dipendenti e previa intesa con i sindacati. È una soluzione applicabile in contesti specifici, mai generalizzabile.
Esiste infine una possibilità dedicata a chi svolge lavoro domestico non retribuito: la cosiddetta pensione casalinghe, attivabile tramite contributi versati nel fondo dedicato. Con almeno 5 anni di contribuzione e almeno 57 anni di età si può ottenere un trattamento pensionistico minimo, anche senza una carriera lavorativa formale. Una tutela per chi ha dedicato la vita alla famiglia, ma con importi che restano contenuti.
Rendita anticipata e previdenza complementare: perché diventano essenziali
Anche quando si rientra nelle misure descritte, il pensionamento anticipato comporta una riduzione dell’assegno dovuta sia ai minori contributi, sia al maggior numero di anni in cui verrà percepita la pensione. Per questo, chi guarda a un futuro senza lavoro dopo i 57 deve ragionare anche su soluzioni integrative.
Aderire alla previdenza complementare, con un fondo pensione o un piano di accumulo, consente di costruire una riserva economica utile proprio nel periodo che precede la pensione pubblica o per sostenerla quando sarà più bassa del previsto.
È possibile anche accedere a una misura chiamata RITA (Rendita Integrativa Temporanea Anticipata), un’erogazione che arriva prima della pensione Inps e che aiuta a coprire gli anni di attesa. Serve avere almeno 20 anni di contributi e 5 anni di partecipazione alla previdenza complementare. È uno strumento decisivo per chi vuole anticipare davvero i tempi senza perdere autonomia economica.
In sintesi, andare in pensione a 57 anni richiede incastri precisi tra leggi, contributi e scelte personali. Conoscere in anticipo le regole aiuta a non arrivare impreparati al momento più importante della vita professionale.