La proposta che potrebbe cambiare le pensioni in Italia sta per arrivare: con 900 euro si andrà prima in pensione.
Parlare di pensioni significa, spesso evocare, scenari di sacrifici più lunghi, età sempre più avanzate e requisiti contributivi in costante crescita. Questa volta, però, al centro del dibattito politico c’è una proposta che va in direzione opposta. Si tratta di un meccanismo di riscatto della laurea a costi ridotti, capace di anticipare l’uscita dal lavoro fino a cinque anni.
Al centro dell’attenzione c’è il cosiddetto DDL Bucalo, che interessa in prima battuta circa 1,2 milioni di lavoratori del comparto scuola e che potrebbe, in prospettiva, aprire la strada a un allargamento ad altre categorie professionali.
Con 900 euro vai in pensione anni prima: lo Stato si è dimenticato di chiudere questa scappatoia
Il disegno di legge si intreccia con l’azione sindacale. L’Anief, infatti, ha raccolto firme per chiedere agevolazioni pensionistiche per chi opera nell’istruzione, settore in cui non è raro trovare lavoratori costretti a rimanere in servizio ben oltre i sessant’anni, nonostante si tratti di un mestiere logorante dal punto di vista fisico ed emotivo.

La misura punta a valorizzare gli anni di studio universitario, rendendoli parte integrante del percorso contributivo, ma con condizioni molto più favorevoli rispetto a quelle oggi previste.
Attualmente, riscattare la laurea comporta un costo proibitivo per molti: in media 6.000 euro per ogni anno, una cifra che scoraggia gran parte dei lavoratori, rendendo di fatto questo strumento un privilegio per pochi.
La proposta, invece, prevede un onere pari al 5% dell’imponibile, traducibile in circa 900 euro per anno riscattato. Con un massimo di cinque anni, il costo complessivo non supererebbe i 4.500 euro.
Il vantaggio non si misura solo in termini economici, ma soprattutto in termini di tempo. Con cinque anni riscattati a condizioni agevolate, i requisiti contributivi per l’accesso alla pensione anticipata si ridurrebbero sensibilmente.
Oggi, infatti, servono 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Con il riscatto ridotto, si potrebbe scendere a 37-38 anni di versamenti, aprendo la possibilità di andare in pensione già tra i 60 e i 62 anni.
Al momento il provvedimento è circoscritto al comparto scuola, ma la sua portata simbolica è evidente. Se il Parlamento decidesse di approvarlo, la misura potrebbe diventare un precedente importante, in grado di spingere verso un’estensione ad altri settori del pubblico impiego e, forse, anche al privato.
Il punto cruciale non è soltanto l’età di pensionamento, ma anche l’idea che gli anni dedicati alla formazione universitaria non siano un “vuoto” contributivo, bensì un investimento sociale da riconoscere nel percorso previdenziale.
La proposta apre dunque un dibattito più ampio sul rapporto tra istruzione, lavoro e previdenza. Il riscatto agevolato potrebbe diventare non solo uno strumento individuale di vantaggio, ma anche un incentivo collettivo.
Valorizzare la formazione significa incoraggiare i percorsi universitari e, allo stesso tempo, ridare dignità a chi arriva alla maturità professionale senza dover affrontare carriere interminabili.
