Queste tre iniziative – il riscatto laurea agevolato, l’aumento delle pensioni minime e la pensione anticipata con TFR – sono importanti fronti di riforma.
Sta suscitando un vivace dibattito il nuovo disegno di legge Bucalo che propone un riscatto laurea agevolato per consentire a insegnanti, dirigenti scolastici e personale amministrativo di andare in pensione anticipata con un esborso contenuto, pari a circa 3.600 euro per quattro anni di studio universitario.
L’obiettivo è di permettere il pensionamento già a 60 anni, valorizzando il percorso formativo e professionale di chi opera nel settore dell’istruzione.
Il Ddl Bucalo e il riscatto laurea agevolato: i dettagli della proposta
La proposta, promossa dalla senatrice Carmela Bucalo e sostenuta dal sindacato Anief che ha raccolto quasi 120.000 firme, prevede di trasformare ogni anno accademico in contributi previdenziali pagando un’aliquota agevolata del 5%, invece degli attuali 6.076 euro richiesti dal riscatto ordinario.
Ciò significa un costo di circa 900 euro per anno di laurea, un risparmio notevole che potrebbe rendere accessibile il riscatto a un ampio numero di lavoratori della scuola.
Ad esempio, un docente con 39 anni di contributi e un percorso universitario di 4 anni potrebbe riscattare gli anni di studio pagando 3.600 euro e raggiungere così i 43 anni di contributi necessari per la pensione anticipata ordinaria (42 anni e 10 mesi per gli uomini).
Questa misura rappresenta un significativo alleggerimento del percorso previdenziale per chi affronta carichi di lavoro stressanti, spesso con rischi di burnout.
Il disegno di legge 1413 del 2025 riconosce non solo un vantaggio economico, ma anche il valore formativo degli anni universitari, valorizzando l’istruzione come parte integrante della carriera e non solo come tappa educativa.

La proposta ha un potenziale impatto su circa 1,2 milioni di lavoratori della scuola, potenzialmente migliorando la qualità della vita e della salute dei docenti e del personale amministrativo.
Pensioni minime e assegno sociale: aumenti previsti per il 2026
Parallelamente, cresce l’attenzione sugli adeguamenti delle pensioni minime e degli assegni sociali in vista del 2026. Con l’inflazione stimata attorno al 2%, l’INPS prevede aumenti degli importi mensili che potrebbero tradursi in circa 140 euro in più all’anno per l’assegno sociale e quasi 160 euro in più per il trattamento minimo pensionistico.
Attualmente, l’assegno sociale si attesta a 538,69 euro mensili, mentre il trattamento minimo è pari a 603,40 euro. Con l’adeguamento previsto, rispettivamente potrebbero salire a circa 549,47 euro e 615,47 euro al mese, un incremento che, seppur contenuto, è significativo per chi vive con redditi molto bassi.
Questi adeguamenti sono fondamentali per mantenere il potere d’acquisto delle prestazioni previdenziali e assistenziali in un contesto di crescita dei prezzi.
Pensione anticipata con utilizzo del TFR: opportunità e criticità
Un’altra novità in arrivo nel 2026 riguarda la possibilità di ottenere la pensione anticipata utilizzando il TFR. Questa misura, ancora in fase di definizione, permetterebbe di anticipare la pensione fino a 3 anni rispetto all’età della pensione di vecchiaia (67 anni), a fronte di alcuni requisiti:
- età minima di 64 anni;
- almeno 25 anni di contributi versati all’INPS;
- pensione minima pari a multipli dell’assegno sociale (3 volte per gli uomini, con soglie più basse per le donne in base al numero di figli).
Il TFR potrebbe essere convertito in una rendita mensile per integrare l’importo pensionistico laddove la contribuzione INPS non fosse sufficiente a raggiungere la soglia minima.
Questa soluzione permette una maggiore flessibilità, ma comporta anche alcuni svantaggi quali la riduzione dell’importo pensionistico per effetto del calcolo contributivo anticipato e l’interruzione prematura dei versamenti.
Il vantaggio principale è l’anticipo fino a 3 anni dell’uscita dal lavoro, mentre lo Stato beneficia della possibilità di trattenere il TFR più a lungo, evitando liquidazioni immediate al termine del rapporto di lavoro. Tuttavia, il taglio della pensione e un coefficiente di trasformazione meno favorevole potrebbero incidere sull’assegno mensile, soprattutto per chi ha un montante contributivo limitato.