Affitto, stangata in arrivo: rischi una multa salatissima se hai fatto questi 3 errori banali

Negli ultimi anni, il settore degli affitti brevi ha subito una trasformazione, diventando un comparto sottoposto a stringenti obblighi.

Per chi desidera mettere a reddito un immobile per periodi limitati, è fondamentale conoscere e rispettare i principali adempimenti previsti dalla legge per evitare sanzioni e operare in piena regolarità.

Gli affitti brevi sono contratti di locazione di immobili ad uso abitativo con durata non superiore a 30 giorni, stipulati da persone fisiche al di fuori di attività imprenditoriali, come definito dall’articolo 4 del Decreto-Legge 50/2017. Questa tipologia contrattuale è molto diffusa per l’affitto di seconde case o appartamenti turistici, spesso tramite piattaforme digitali quali Airbnb, Booking e simili.

Dal 2024, con l’introduzione della legge di Bilancio, è stata confermata l’applicazione della cedolare secca con aliquota al 21% per il primo immobile destinato a locazioni brevi e un aumento al 26% per eventuali immobili aggiuntivi, fino a un massimo di quattro. Superata questa soglia, l’attività si configura come imprenditoriale, con la conseguente necessità di aprire partita IVA e rispettare ulteriori obblighi fiscali e amministrativi.

Oltre al numero di immobili, la distinzione tra attività non imprenditoriale e imprenditoriale dipende dalla continuità delle locazioni e dai servizi offerti agli ospiti, come la fornitura di biancheria o la pulizia degli ambienti. Se l’attività appare strutturata e con redditi significativi, è possibile che si renda necessario aprire partita IVA anche prima del superamento del tetto di quattro immobili.

Il Codice Identificativo Nazionale (CIN): un obbligo dal 2025

Dal 1° gennaio 2025, tutti gli immobili destinati a locazioni brevi devono essere dotati di un Codice Identificativo Nazionale (CIN), introdotto dall’articolo 13-ter del Decreto-Legge 145/2023. Questo codice, assegnato dal Ministero del Turismo tramite la piattaforma ufficiale (bdsr.ministeroturismo.gov.it), deve essere esposto in modo visibile all’esterno dello stabile e riportato in ogni annuncio, sia online sia cartaceo, anche se pubblicato da intermediari.

Le sanzioni per la mancata dotazione o mancata indicazione del CIN sono particolarmente severe: si va da 800 a 8.000 euro per la prima violazione, e da 500 a 5.000 euro per la seconda, con la rimozione immediata degli annunci irregolari. Questa misura mira a garantire una maggiore trasparenza e tracciabilità nelle locazioni turistiche, contrastando l’evasione fiscale e l’abusivismo nel settore.

Tra gli adempimenti imprescindibili per chi affitta casa per brevi periodi c’è anche il rispetto delle norme di sicurezza previste dal Decreto-Legge 145/2023, applicabili anche ai locatori non imprenditoriali. A partire dal momento in cui si ottiene il CIN, l’immobile deve essere dotato di impianti conformi alle normative vigenti, rilevatori di gas e monossido di carbonio funzionanti, e almeno un estintore portatile per appartamento.

Le violazioni di queste norme comportano multe da 600 a 6.000 euro per ciascun inadempimento, a eccezione degli immobili privi di impianti a gas e quindi senza rischio di emissioni combustibili.

Un altro obbligo fondamentale riguarda le comunicazioni alla Questura: entro 24 ore dall’arrivo, o immediatamente se il soggiorno dura meno di un giorno, il locatore o gestore deve trasmettere i dati degli ospiti tramite il portale Alloggiati Web della Polizia di Stato. Questi dati sono condivisi in forma aggregata e anonima con l’Agenzia delle Entrate e i Comuni per il monitoraggio dell’imposta di soggiorno, che deve essere dichiarata e versata entro il 30 giugno dell’anno successivo. L’omessa o infedele dichiarazione può portare a sanzioni pari al 100-200% dell’importo dovuto, mentre eventuali ritardi nei versamenti sono soggetti a sanzioni secondo la normativa fiscale vigente.

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