Addio pensione anticipata, questi lavoratori non potranno più chiederla: italiani sul piede di guerra

Nel frattempo, la protesta di molti lavoratori e pensionati resta alta, riflettendo il malcontento verso il sistema.

Il dibattito sulla pensione anticipata in Italia si fa sempre più acceso, soprattutto alla luce delle indicazioni provenienti dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse).

Nel suo ultimo rapporto Employment Outlook 2025, l’Ocse invita l’Italia a rivedere il sistema pensionistico, puntando a un allungamento della vita lavorativa e alla graduale eliminazione delle uscite anticipate dal lavoro.

Le ragioni del no alla pensione anticipata in Italia

L’Ocse sottolinea come l’invecchiamento demografico rappresenti una delle maggiori sfide per il Paese, con conseguenze dirette sul mercato del lavoro e sulla crescita economica.

Secondo le proiezioni, tra il 2023 e il 2060 la popolazione in età lavorativa diminuirà del 34%, mentre il rapporto tra anziani e lavoratori passerà da 0,41 a 0,76, quasi raddoppiando il peso degli over 65 rispetto ai contribuenti attivi.

Questa dinamica, accompagnata da un calo previsto del 40% del Pil pro capite nell’area Ocse entro il 2060, rende insostenibile mantenere inalterate le attuali regole pensionistiche, soprattutto quelle che favoriscono uscite anticipate.

L’Ocse evidenzia inoltre che, nonostante qualche recente aumento contrattuale, i salari reali in Italia sono ancora inferiori del 7,5% rispetto a inizio 2021 e il potere d’acquisto continua a risentire dell’inflazione. Questo scenario rende ancora più urgente il prolungamento della vita lavorativa per sostenere il sistema previdenziale e ridurre il carico fiscale sulle giovani generazioni.

Incentivare il lavoro oltre la pensione e un pensionamento graduale

Oltre a chiedere di dire addio alla pensione anticipata, l’Ocse punta anche a incrementare la percentuale di pensionati che continuano a lavorare.

Attualmente, in Italia solo il 9,9% dei lavoratori tra i 50 e i 69 anni continua a lavorare dopo aver iniziato a percepire la pensione, una percentuale molto bassa rispetto alla media Ocse del 22,4%. Questa situazione è vista come un’ulteriore occasione persa per migliorare il reddito complessivo e alleggerire il sistema pensionistico.

Si cerca una svolta economica e demografica – impresamia.com

Per questo motivo, l’Organizzazione raccomanda politiche che promuovano ambienti di lavoro sicuri, flessibilità nei pensionamenti e pratiche inclusive da parte dei datori di lavoro, al fine di favorire l’occupazione anche nelle fasi più avanzate della carriera.

Il pensionamento, suggerisce l’Ocse, potrebbe essere attuato in modo graduale, con una progressiva sostituzione del reddito da lavoro con quello pensionistico, per garantire la sicurezza economica del pensionato e allo stesso tempo ridurre il peso sul sistema.

L’Italia chiamata a una svolta economica e demografica

Il rapporto dell’Ocse non si limita a criticare il sistema pensionistico, ma evidenzia anche la necessità di politiche più ampie per contrastare la crisi demografica e la stagnazione economica. Tra queste, il sostegno alla natalità e una gestione più efficace dell’immigrazione regolare, oltre a un rilancio dei salari e delle condizioni lavorative.

L’Italia si trova così a un bivio: continuare con un sistema pensionistico che favorisce l’uscita anticipata e rischiare un peggioramento della sostenibilità economica oppure adottare le raccomandazioni internazionali per allungare la vita lavorativa, promuovere il lavoro dopo la pensione e impostare un pensionamento graduale.

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