L’Istat, durante l’audizione in Senato sulla Legge di Bilancio 2026, ha fornito un aggiornamento puntuale sull’impatto delle misure fiscali.
Secondo i dati presentati dall’Istat, il taglio di due punti percentuali sulla seconda aliquota dell’Irpef interesserà direttamente oltre 14 milioni di contribuenti. Dal punto di vista dei nuclei familiari, la misura coinvolgerà circa 11 milioni di famiglie, equivalenti al 44% del totale, beneficiando di un incremento medio annuo di 276 euro. Questo risultato considera la presenza di più contribuenti all’interno dello stesso nucleo familiare, aumentando così il vantaggio economico complessivo.
Il presidente dell’Istat, Francesco Maria Chelli, ha sottolineato come questa riduzione fiscale rappresenti un sostegno concreto per una fetta significativa della popolazione, confermando l’efficacia di questa misura nel rafforzare il potere d’acquisto delle famiglie italiane.
Riforma dell’ISEE: benefici concentrati e diseguaglianze residue
Un altro elemento cardine della manovra riguarda la modifica del sistema di calcolo dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE). Le revisioni introdotte porteranno un beneficio medio annuo di 145 euro per circa 2,3 milioni di famiglie, pari all’8,6% del totale. Il vantaggio più consistente è destinato ai nuclei con redditi più bassi, che potranno contare su un incremento medio di 263 euro, equivalente a un +2,2% del reddito disponibile.
Nonostante questi dati positivi, Chelli ha evidenziato come la maggior parte dei beneficiari si collochi nei quintili di reddito medio, cioè nel terzo e quarto quintile, mentre le famiglie in maggiore difficoltà rappresentano una minoranza tra coloro che trarranno vantaggio dalla riforma. Questo dettaglio fa emergere una certa complessità nell’accesso alle prestazioni sociali, che in larga misura erano già fruite prima delle modifiche normative.

Uno dei dati più allarmanti emersi dall’audizione riguarda la salute pubblica: nel 2024, il 9,9% della popolazione italiana, pari a circa 5,8 milioni di persone, ha dichiarato di aver rinunciato a cure mediche. Questo fenomeno è cresciuto nettamente rispetto al 7,6% registrato nel 2023 (4,5 milioni di persone), indicando un peggioramento delle condizioni di accesso alle prestazioni sanitarie.
La causa principale di questa rinuncia è l’allungamento delle liste d’attesa, segnalato da 6,8% degli intervistati, un dato che è più che raddoppiato rispetto al 2,8% del 2019. L’impatto è particolarmente sentito tra gli over 45, con punte del 9,1% tra gli anziani sopra i 65 anni e del 9,4% tra le donne nella fascia 45-64 anni. Geograficamente, il problema è più acuto nelle regioni del Centro Italia (7,3%), seguito dal Nord (6,9%) e dal Mezzogiorno (6,3%).
Questi dati evidenziano una criticità crescente nel sistema sanitario nazionale, che richiede interventi mirati per ridurre le disuguaglianze nell’accesso alle cure e migliorare l’efficienza delle strutture.
Prospettive macroeconomiche: nessun segnale di recessione tecnica
Sul fronte macroeconomico, l’Istat esclude per il momento l’ipotesi di una recessione tecnica nel prossimo futuro. Claudio Vicarelli, dirigente del servizio analisi dati Istat, ha spiegato che, pur prevedendo una crescita modesta nel quarto trimestre del 2025, non si attendono variazioni negative significative che possano configurare una nuova crisi economica.
“La crescita congiunturale nel quarto trimestre non sarà particolarmente vivace – ha detto Vicarelli – ma dai dati attualmente disponibili non emerge alcun segnale che possa far pensare a una recessione tecnica.” Questa valutazione offre un quadro di relativa stabilità economica, seppur con una crescita contenuta, in un contesto globale ancora incerto.