Una recente sentenza della Cassazione ha finalmente fatto chiarezza su un tema molto dibattuto nel campo della pensione anticipata.
Questa decisione rappresenta un’importante svolta rispetto all’interpretazione finora adottata dall’INPS, che aveva spesso escluso tali periodi dal computo contributivo, causando il rigetto di numerose domande di pensione.
Dal 2011, con l’introduzione dell’articolo 24 della legge 214, il sistema pensionistico italiano ha subito modifiche sostanziali, soprattutto in seguito alla riforma Fornero. La pensione di anzianità è stata infatti sostituita dalla pensione anticipata, che prevede l’accesso con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Tuttavia, il sistema prevede due differenti regimi: quello ordinario, che può includere anche periodi di contribuzione figurativa, e quello contributivo, riservato a chi ha iniziato a versare contributi dopo il 1996, con requisiti più stringenti che prevedono almeno 20 anni di contributi effettivi e un’età minima di 64 anni.
La questione centrale riguarda proprio l’interpretazione del concetto di “contributi effettivi” rispetto a quelli “figurativi”. L’INPS, fino ad oggi, ha adottato una linea restrittiva, considerando solo i versamenti effettivi validi per il raggiungimento del requisito contributivo minimo. Di conseguenza, periodi di assenza dal lavoro coperti da contribuzione figurativa – come malattia, cassa integrazione o disoccupazione – venivano esclusi dal computo utile per la pensione anticipata.
La vicenda giudiziaria che ha cambiato il quadro
La causa che ha portato alla svolta è partita dal ricorso di una lavoratrice del comparto scolastico non docente, la quale aveva richiesto all’INPS il riconoscimento della pensione anticipata ai sensi dell’art. 24 della legge 214/2011. Dopo una prima sentenza favorevole del Tribunale di Ravenna, la Corte d’Appello di Bologna aveva invece rigettato la domanda, ritenendo che la normativa vigente esigesse esclusivamente contributi “effettivi”, escludendo quindi quelli figurativi.
La lavoratrice ha quindi impugnato la decisione davanti alla Suprema Corte, che con la sentenza n. 24916 del 2024 ha ribaltato il precedente orientamento. La Cassazione ha chiarito che l’articolo 24, comma 10, non richiede che tutti i contributi siano effettivi, ma ammette anche quelli figurativi nel computo degli anni necessari per la pensione anticipata. Al contrario, solo il comma 11 – che si applica ai lavoratori esclusivamente nel sistema contributivo – richiede espressamente almeno 20 anni di contribuzione effettiva.
La Corte ha sottolineato che un’interpretazione diversa, come quella adottata dalla Corte d’Appello, sarebbe irragionevole e contraria tanto al testo della legge quanto alla sua ratio, rischiando di rendere quasi inaccessibile la pensione anticipata a causa dei lunghi periodi richiesti.

-impresamia.com
Questa decisione rappresenta un cambio di rotta significativo rispetto alla prassi seguita finora dall’INPS. La Suprema Corte ha riconosciuto che i contributi figurativi – pur non derivando da versamenti diretti – sono pienamente validi sia per determinare il diritto alla pensione anticipata sia per il calcolo dell’importo pensionistico. Ne consegue che periodi di malattia, cassa integrazione, disoccupazione o altre situazioni assimilate possono ora concorrere ad anticipare l’accesso alla pensione.
Questo orientamento favorisce particolarmente i lavoratori con carriere non sempre lineari, che hanno attraversato fasi di sospensione lavorativa o difficoltà occupazionali. La sentenza evita così che tali momenti penalizzino ingiustamente il raggiungimento dei requisiti pensionistici, tutelando la continuità contributiva e il diritto alla prestazione.
L’INPS dovrà ora adeguare le proprie procedure e criteri di valutazione, riconoscendo i contributi figurativi come parte integrante dell’anzianità contributiva complessiva ai fini della pensione anticipata. Ciò potrebbe portare a una revisione di molte posizioni previdenziali attualmente in sospeso o rigettate, aprendo la strada a nuove richieste di pensionamento anticipato.
La sentenza della Cassazione conferma inoltre l’importanza di una lettura attenta e conforme allo spirito della legge, evitando interpretazioni troppo restrittive che rischiano di negare diritti acquisiti ai lavoratori. La decisione diventa quindi un punto di riferimento imprescindibile per operatori del settore, avvocati e lavoratori interessati alla pianificazione del pensionamento.
L’aggiornamento normativo e giurisprudenziale in materia di pensione anticipata continua a essere di estrema rilevanza nel panorama previdenziale italiano, soprattutto in considerazione delle sfide demografiche e occupazionali attuali che richiedono una flessibilità maggiore e una tutela più efficace dei diritti previdenziali acquisiti nel corso della vita lavorativa.