L’introduzione del taglio Irpef nella Legge di Bilancio 2026 fa discutere e emergono dati e analisi che riflettono la verità.
Il provvedimento, accolto con entusiasmo da molti, nasconde infatti una serie di criticità e squilibri che rischiano di penalizzare una parte significativa dei contribuenti italiani, senza apportare benefici sostanziali a gran parte della popolazione.
Secondo le ultime rilevazioni, soltanto il 57% degli italiani versa almeno un euro di Irpef all’anno, il che significa che il 43% dei cittadini non dichiara redditi o non li percepisce.
Tutti felici per il taglio Irpef, ma la verità è un’altra: c’è una fregatura clamorosa
Su un totale di 42,6 milioni di dichiarazioni presentate, il 76,87% dell’imposta è versato da appena 11,6 milioni di contribuenti. Il restante 23,13% dell’Irpef è distribuito tra oltre 30 milioni di persone, a testimonianza di una forte concentrazione della pressione fiscale su una minoranza.

Un ulteriore elemento di complessità è rappresentato da chi, pur avendo redditi più elevati, dichiara somme inferiori a quelle realmente percepite. Alberto Brambilla, presidente del Centro studi e ricerche Itinerari Previdenziali, esprime dubbi sulla veridicità delle dichiarazioni fiscali: «È davvero credibile che quasi la metà degli italiani viva con circa 10mila euro lordi l’anno?».
Questa domanda sottolinea quanto sia delicato il tema della trasparenza fiscale e del contrasto all’evasione. Il disegno di legge per il 2026 prevede una riduzione dell’aliquota Irpef dal 35% al 33% per redditi fino a 50mila euro.
Tuttavia, una simulazione realizzata dall’ufficio economico della CGIL rivela che il beneficio economico per i contribuenti sarà sostanzialmente marginale. Per chi guadagna 30mila euro annui, il risparmio mensile ammonterebbe a soli 3,3 euro, mentre per chi raggiunge il tetto di 50mila euro il vantaggio si fermerebbe a 36,7 euro mensili.
Ancora più preoccupante è il fatto che per i redditi inferiori a 28mila euro non è previsto alcun effettivo beneficio. Questo implica che una fetta consistente di lavoratori e pensionati non vedrà migliorare la propria situazione fiscale nonostante il taglio annunciato.
L’analisi della CGIL mette in luce una disparità significativa tra le diverse categorie di contribuenti. A parità di reddito, un lavoratore dipendente con un salario di 35mila euro paga 6.898 euro di imposte, un pensionato arriva a 8.413 euro, mentre un lavoratore autonomo che si avvale della flat tax si ferma a 4.095 euro. Chi vive di rendite finanziarie versa invece 4.375 euro.
Questa situazione evidenzia come i lavoratori dipendenti e i pensionati sostengano un carico fiscale notevolmente più oneroso rispetto ad altri contribuenti, generando una forte disuguaglianza che mina il principio di equità fiscale.