Per chi si trova nella fascia anagrafica tra i 71 e i 76 anni, non è mai troppo tardi per richiedere una rivalutazione o un incremento della pensione. L’INPS, infatti, consente agli interessati di presentare istanze di ricalcolo o di integrazione del trattamento pensionistico, in base a criteri aggiornati o a situazioni particolari che possono emergere nel corso del tempo.
Molti pensionati non sanno che, anche a distanza di anni dalla liquidazione della pensione, possono far valere nuovi diritti e ottenere un assegno più alto. Questo perché nel calcolo della pensione possono esserci periodi contributivi non considerati, errori di conteggio o semplicemente perché sono sopraggiunte nuove norme che rendono più favorevole il ricalcolo. Spesso basta un controllo accurato per accorgersi di potenziali somme spettanti e mai riscosse.
Tra gli strumenti più rilevanti vi è la possibilità di far valere contribuzioni aggiuntive eventualmente non contabilizzate oppure di applicare il meccanismo di cumulo contributivo, quando si hanno versamenti effettuati in diverse gestioni previdenziali. In questo modo, senza dover attendere una nuova decorrenza pensionistica, l’importo mensile può aumentare in maniera significativa e duratura.
Un altro aspetto importante riguarda i pensionati che, nonostante l’età, hanno deciso di continuare a lavorare o di riprendere un’attività. In questi casi, l’INPS prevede regole precise per il cumulo tra pensione e redditi da lavoro, che possono determinare un incremento dell’assegno o comunque una revisione vantaggiosa.
Pensioni, come chiedere di più all’INPS dai 71 ai 76 anni
La possibilità di chiedere un aumento della pensione non scatta in automatico: occorre presentare una richiesta formale all’INPS, allegando la documentazione necessaria. Tra i casi più frequenti che possono portare a un incremento troviamo:
- la scoperta di periodi contributivi non considerati, sia in Italia che all’estero, grazie agli accordi internazionali;
- l’applicazione di nuovi coefficienti di trasformazione più favorevoli, aggiornati dall’INPS in base all’aspettativa di vita;
- il riconoscimento di benefici riservati a categorie specifiche, come invalidi civili o lavoratori che hanno svolto attività usuranti.

Un’opzione da valutare è anche il ricongiungimento contributivo, che consente di sommare i contributi versati in gestioni diverse e ottenere così un calcolo più vantaggioso, senza perdere nulla di quanto maturato in carriera.
Insomma, chi ha tra i 71 e i 76 anni ha ancora margini per migliorare la propria pensione. Un aiuto concreto per una fascia di popolazione che spesso fatica ad arrivare a fine mese, ma che oggi può contare su strumenti utili messi a disposizione dall’INPS, facili da richiedere e senza passaggi complicati.