Le modifiche normative previste dal governo puntano ad ampliare le possibilità concrete d’uscita dal lavoro.
Con l’avvicinarsi della legge di Bilancio per il 2026, si delineano importanti novità nel sistema pensionistico italiano che potrebbero rivoluzionare le modalità di uscita dal lavoro.
Le nuove regole prevedono la possibilità di pensionamenti anticipati a 58, 62 e 64 anni, aprendo scenari inediti per diverse categorie di lavoratori.
Pensionamenti anticipati: le tre principali novità del 2026
Il prossimo anno sarà cruciale per chi desidera lasciare il mondo del lavoro prima dell’età tradizionale. Tre misure innovative consentiranno infatti uscite anticipate a partire da 58, 62 o 64 anni d’età.
Questa opportunità nasce anche dalla previsione che dal 2027 aumenteranno i requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia e anticipata (di circa tre mesi) e che i coefficienti utilizzati per calcolare l’assegno contributivo diventeranno meno favorevoli.
Una delle novità più rilevanti riguarda un possibile ritorno alla versione potenziata dell’Opzione donna, con cui le lavoratrici potranno andare in pensione già a 58 anni, purché abbiano maturato almeno 35 anni di contributi entro il dicembre precedente all’anno della domanda.
Questo rappresenterebbe un significativo ampliamento rispetto alle restrizioni attuali, che limitano questa misura solo a invalidi civili, caregiver con figli o lavoratrici coinvolte in crisi aziendali ministeriali.
Per quanto riguarda gli uomini e altre categorie professionali, si prospettano due ulteriori possibilità:
- La pensione a 64 anni con almeno 25 anni di contributi, estesa anche ai soggetti con carriere miste o retributive; condizione essenziale è raggiungere un assegno minimo pari a tre volte quello sociale considerando eventuali rendite integrative.
- La nuova formula prevista per la pensione anticipata a 62 anni con almeno 41 anni di contributi, sostitutiva della Quota 103 ormai destinata alla cessazione. In questo caso si applicherà una penalizzazione lineare del -2% sull’importo annuale della prestazione per ogni anno antecedente ai tradizionali 67 anni previsti dalla vecchiaia; tuttavia tale taglio non riguarderà chi ha un ISEE inferiore ai €35.000 annui.
Pensionamento nel settore scolastico: settembre mese decisivo
Settembre assume una valenza strategica soprattutto per il personale scolastico impegnato nella pianificazione previdenziale verso il termine carriera previsto nel corso del prossimo anno accademico.

Per insegnanti, dirigenti e personale amministrativo è fondamentale verificare tempestivamente i requisiti necessari al fine evitare ritardi burocratici ed eventuali penalizzazioni economiche legate ad uscite anticipate mal programmate.
I requisiti aggiornati indicano come standard:
- Pensione di vecchiaia: compimento dei 67 anni d’età più almeno vent’anni contribuitivi entro fine dicembre;
- Pensionamento anticipato ordinario: donne devono aver maturato almeno 41 anni e dieci mesi, uomini invece devono raggiungere quota pari a circa uno più (42+10 mesi) sempre entro lo stesso termine temporale;
In aggiunta esistono strumenti flessibili come Opzione Donna (con condizioni specifiche), APE Sociale oppure Quota103 (che però scade ufficialmente al termine del corrente anno salvo proroghe). Tali opzioni permettono uscite anticipate ma spesso comportano riduzioni sull’importo finale dell’assegno previdenziale.
Bonus sui contributi INPS: cosa c’è davvero?
Spesso si sente parlare impropriamente dei cosiddetti “bonus sulle pensioni”, ma nella realtà non esistono bonus diretti sugli importi percepiti dai pensionati bensì maggiorazioni sui periodici versamenti contributivi effettuati durante la vita lavorativa.
Due esempi concreti sono:
- I periodici versamenti effettuati prima dei diciotto anni d’età valgono fino ad una volta e mezza ai fini del diritto alla prestazione;
- Per soggetti riconosciuti invalidità civile superiore al 74%, ogni anno successivo al riconoscimento vale due mesi figurativi aggiuntivi utilissimi ad accelerare l’acquisizione dei requisiti minimi;
Questi meccanismi agevolativi sono stati introdotti dalla riforma Dini (legge n°335/1995) ed hanno lo scopo esclusivo facilitare l’accesso alla prestazione senza però incrementarne direttamente l’importo economico mensile erogato dall’INPS.