La pensione di reversibilità rappresenta un diritto previdenziale cruciale per i coniugi superstiti, cosa bisogna sapere.
Il quadro giuridico si arricchisce di nuove interpretazioni che valorizzano non solo il vincolo matrimoniale ma anche la convivenza prematrimoniale e altri elementi economici, ridefinendo così i criteri per l’assegnazione e la quota spettante.
La questione è stata recentemente affrontata dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 23851/2025. Il caso riguardava la richiesta della prima moglie di ottenere una quota della pensione di reversibilità spettante all’ex coniuge deceduto. Già in sede di appello la Corte di Palermo aveva incrementato la quota riconosciuta all’ex coniuge dal 20% al 35%, ordinando all’INPS di procedere alla corretta ripartizione.
Gli Ermellini hanno innanzitutto sottolineato un aspetto procedurale fondamentale: la decorrenza del diritto alla quota di reversibilità spetta dal primo giorno del mese successivo alla morte dell’assicurato o pensionato, con effetto retroattivo (ex tunc). Questo significa che l’erogazione deve comprendere anche gli arretrati, sebbene l’INPS possa rivalersi per eventuali somme corrisposte in eccesso al coniuge superstite.
La Corte ha inoltre ribadito l’importanza centrale del criterio temporale, ossia della durata del matrimonio, quale parametro oggettivo e prevalente per la determinazione della quota a favore dell’ex coniuge, rispetto al coniuge superstite. Tale criterio riflette il livello di solidarietà e i contributi reciproci maturati durante il vincolo matrimoniale.
Tuttavia, la durata non è un parametro rigido e assoluto. La valutazione del giudice di merito può includere correttivi equitativi, qualora vi siano circostanze che incidano in modo significativo sull’equilibrio economico tra gli aventi diritto. Tra i correttivi più rilevanti sono stati indicati: la convivenza prematrimoniale (more uxorio), l’assegno divorzile effettivamente percepito e le condizioni economico-patrimoniali dei coniugi.
Il valore giuridico della convivenza prematrimoniale e altri elementi valutativi
Un ulteriore approfondimento si trova nella sentenza n. 41960 della Cassazione, che ha confermato come la convivenza prematrimoniale non costituisca un mero elemento correttivo, bensì un fattore giuridicamente autonomo e di rilievo distinto rispetto alla durata del matrimonio. Nel caso esaminato, infatti, l’ex moglie lamentava una disparità nella ripartizione dell’assegno di reversibilità, evidenziando un matrimonio più lungo rispetto alla nuova moglie superstite. Tuttavia, la Corte ha considerato anche gli anni di convivenza prematrimoniale della seconda unione, che hanno fatto lievitare la durata complessiva dell’unione a 24 anni contro i circa 9 anni e mezzo del primo matrimonio.
La ripartizione della pensione di reversibilità deve quindi tenere conto, oltre che della durata del matrimonio, anche di altri elementi funzionali alla finalità solidaristica dell’istituto, tra cui:
- Convivenza prematrimoniale: per essere rilevante, deve dimostrarsi stabile ed effettiva, configurandosi come una comunione di vita reale e duratura antecedente al matrimonio;
- Assegno divorzile: l’entità dell’assegno di mantenimento riconosciuto all’ex coniuge incide sulla valutazione, ma non costituisce un limite legale alla quota di reversibilità. Il venir meno di tale assegno al momento del decesso può giustificare un aumento della quota spettante all’ex coniuge;
- Condizioni economiche dei coniugi: la comparazione dei redditi, dei patrimoni, delle spese abitative e di eventuali condizioni di invalidità è un ulteriore parametro utile per modulare la ripartizione.
La Corte ha sottolineato come il giudice di merito debba sempre motivare adeguatamente la decisione, calibrando il peso di ciascun elemento in base alle specificità del caso concreto. Il criterio della durata del matrimonio rimane imprescindibile, ma non esclusivo, nell’attribuzione della quota di reversibilità.

In base alle indicazioni della Corte di Cassazione, l’INPS risulta l’unico soggetto obbligato all’erogazione della pensione di reversibilità, sia al coniuge superstite sia all’ex coniuge che ne abbia diritto. L’ente previdenziale deve quindi procedere alla ripartizione secondo le quote stabilite dal giudice e può recuperare eventuali somme pagate in eccesso, qualora siano state assegnate indebitamente.
Questa interpretazione giurisprudenziale offre una maggiore tutela agli ex coniugi, soprattutto in presenza di matrimoni di lunga durata o convivenze prematrimoniali significative, e introduce un approccio più articolato e flessibile alla determinazione della quota di reversibilità, in linea con la tutela delle condizioni economiche e sociali di chi ha contribuito al nucleo familiare nel corso della vita matrimoniale.