Per ottenere l’esenzione IMU sull’abitazione principale i coniugi devono presentare bollette e documenti. Ecco quali
Oggi faremo chiarezza sull’esenzione IMU per l’abitazione principale, soprattutto in relazione alla situazione dei coniugi proprietari di due diverse abitazioni principali. La normativa e la giurisprudenza recentemente aggiornate offrono nuove interpretazioni circa i requisiti necessari per usufruire dell’esonero e i documenti richiesti dai Comuni per evitare contestazioni.
L’IMU (Imposta Municipale Unica) non si applica sull’abitazione principale, ma con alcune specificità che riguardano soprattutto i nuclei familiari composti da coniugi che vivono in case diverse. La regola è stata chiarita dalla sentenza n. 209/2022 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato incostituzionale la precedente disposizione che richiedeva la residenza e la dimora abituale nell’immobile per l’intero nucleo familiare.
Ora, la situazione del singolo possessore è quella che conta realmente: se due coniugi hanno residenza e dimora separate in due differenti abitazioni di proprietà, entrambi possono usufruire dell’esenzione IMU sulla rispettiva casa considerata come abitazione principale, anche se gli immobili si trovano nello stesso Comune.
La decisione della Corte ha superato una disposizione normativa che risultava discriminatoria, in quanto penalizzava chi, pur essendo coniugato, era costretto a vivere in città diverse per motivi di lavoro, salute o esigenze familiari. Questo adeguamento garantisce il rispetto dei principi di uguaglianza sanciti dagli articoli 3 e 53 della Costituzione.
Documenti richiesti per dimostrare la residenza e la dimora abituale
L’apertura verso un doppio beneficio per i coniugi non esonera però dal dovere di dimostrare concretamente la propria situazione, in quanto i Comuni sono chiamati a vigilare sulle dichiarazioni di abitazione principale per contrastare eventuali abusi.

Per evitare contestazioni, specialmente in vista del versamento dell’acconto IMU entro il 16 giugno 2025, è fondamentale presentare documenti che attestino l’effettiva dimora abituale nell’immobile dichiarato esente. In particolare, i Comuni richiedono:
- Residenza anagrafica: iscrizione ufficiale all’Anagrafe del Comune;
- Dimora abituale: presenza continuativa e reale, comprovabile attraverso documenti quali bollette di luce, gas e acqua intestate al coniuge che dichiara l’immobile come abitazione principale;
- Altri elementi di prova: fatture telefoniche o internet fisse, iscrizione del medico di base nel Comune di residenza, ricevute della tassa rifiuti (TARI) con intestazione come “utenza domestica residente”.
Questi documenti sono essenziali poiché il semplice certificato di residenza, essendo un atto dichiarativo, non è considerato sufficiente per provare la dimora abituale.
L’accesso ai dati sulle utenze domestiche è consentito ai Comuni ai sensi dell’articolo 2, comma 10, lettera c), punto 2 del D.Lgs 23/2011, che permette agli enti locali di effettuare verifiche incrociate tra i dati catastali, anagrafici e quelli relativi ai consumi energetici.
Le bollette di luce, gas e acqua sono così divenute strumenti fondamentali per dimostrare l’effettivo utilizzo dell’abitazione principale. Consumi congrui con un uso abitativo normale rappresentano un valido indice di dimora abituale. Al contrario, consumi irrisori potrebbero far scattare accertamenti da parte degli uffici comunali.
In caso di consumi bassi, non si presume automaticamente che l’IMU debba essere versata, ma è raccomandato fornire ulteriori elementi comprovanti l’effettiva abitazione, come contratti di lavoro, iscrizione scolastica dei figli, spese condominiali o motivazioni particolari (ad esempio, abitazioni di piccola metratura, utilizzo di energie rinnovabili o frequenti assenze per motivi lavorativi).
In assenza di prova di residenza e dimora abituale separate per i due coniugi, l’immobile sarà considerato seconda casa e pertanto soggetto al pagamento dell’IMU, con relative sanzioni e interessi in caso di accertamento.