La prescrizione dei debiti col Fisco non è solo una questione di tempi. Ecco cosa sapere per non avere brutte sorprese
Cosa accade se quel debito è ormai prescritto? In altre parole: se è trascorso troppo tempo dalla sua scadenza, e quindi la legge non obbliga più a pagarlo, è possibile evitare l’esborso? La risposta è sì, ma a condizione di agire correttamente e con la documentazione giusta.
In Italia, la prescrizione di un debito comporta la sua estinzione automatica dopo un determinato periodo, che varia a seconda della natura del credito. Tuttavia, il semplice decorso del tempo non è sufficiente: il debitore deve contestare formalmente la richiesta di pagamento. E per farlo nel modo corretto, è necessario presentare specifici documenti e seguire una procedura ben precisa.
Cos’è la prescrizione e come funziona
La prescrizione è un principio giuridico secondo cui, trascorso un certo numero di anni senza che il creditore compia atti per recuperare un debito, questo perde efficacia e non può più essere richiesto legalmente. I termini variano:

- 10 anni per debiti generici;
- 5 anni per tributi locali come TARI o bollo auto;
- 2 anni per bollette di luce, gas, acqua e telefonia;
- 3 o 5 anni per multe stradali (a seconda del tipo di notifica).
Una volta superato il termine, il debitore può opporre la prescrizione e chiedere l’annullamento del pagamento richiesto. Ma è fondamentale non ignorare eventuali cartelle esattoriali o solleciti: è necessaria un’azione concreta per tutelarsi. Per far valere la prescrizione è possibile ricorrere a una richiesta in autotutela, ossia una domanda rivolta all’ente creditore (come l’Agenzia delle Entrate o un Comune) affinché annulli la cartella o il sollecito. In alternativa, si può agire in sede giudiziale. In entrambi i casi, è importante allegare una varia documentazione. Copia dell’atto ricevuto (cartella, avviso, ingiunzione). Documento d’identità del richiedente. Eventuali ricevute o documenti che dimostrino la data dell’ultima comunicazione ricevuta. Un’istanza motivata, dove si dichiara che il debito è prescritto in base ai termini previsti dalla legge.
Un aspetto spesso poco noto è che il cittadino non è tenuto a dimostrare la prescrizione: basta che contesti l’addebito, sostenendo che è prescritto. Tocca invece al creditore fornire la prova contraria. In altre parole, il cittadino deve solo sollevare formalmente l’eccezione di prescrizione, mentre l’ente dovrà dimostrare di aver compiuto atti validi per interrompere i termini.
Inoltre, ci sono degli atti che interrompono la prescrizione: una raccomandata o PEC con sollecito di pagamento; un atto giudiziario (es. pignoramento o decreto ingiuntivo); una riconoscenza esplicita del debito da parte del cittadino. Se nessuno di questi elementi è presente o valido, la prescrizione resta valida e il debito non è più esigibile. Il consiglio, comunque, è quello di sempre: farsi assistere da un professionista. Solo così si può evitare di pagare somme non più dovute e difendere i propri diritti.