5 anni di contributi e sei già verso la pensione: tutto sul bonus più richiesto al CAF

I cittadini che hanno 5 anni di contributi possono richiedere il bonus più richiesto degli ultimi anni. 

Nel dibattito pubblico italiano continua a essere centrale il tema del riconoscimento e della tutela del lavoro domestico, un’attività che coinvolge quotidianamente milioni di persone ma che rimane in gran parte invisibile agli occhi delle normative previdenziali e assistenziali.

Il lavoro domestico, che comprende la cura della casa, dei figli, degli anziani e di persone non autosufficienti, rappresenta un pilastro essenziale per il funzionamento della società e dell’economia, ma la sua regolamentazione giuridica e la protezione previdenziale sono ancora parziali e frammentate.

Verso la pensione con 5 anni di contributi

Dal 1996, l’INPS gestisce il Fondo di previdenza volontaria per casalinghe e casalinghi, una misura che consente a chi si dedica alla cura domestica senza retribuzione di versare contributi volontari per costruirsi una pensione.

Si può andare in pensione con 5 anni di contributi?
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Possono aderire al Fondo le persone tra i 16 e i 65 anni che svolgono in modo continuativo attività di cura domestica e familiare. Per maturare un anno di contribuzione è necessario un versamento minimo di 309,84 euro annui, ma è possibile aumentare l’importo per incrementare la futura pensione.

Dopo almeno cinque anni di contributi, si può avere diritto a una pensione di vecchiaia, che può partire dai 57 anni se la pensione supera una certa soglia, o a partire dai 65 anni in caso contrario.

È prevista anche una pensione di inabilità per chi non può più lavorare e ha almeno cinque anni di iscrizione al Fondo. Nonostante l’importanza di questa forma di tutela, la pensione risultante può essere piuttosto modesta se i versamenti sono limitati o irregolari, poiché non è previsto un trattamento minimo garantito.

Tuttavia, questo Fondo rappresenta l’unico strumento previdenziale dedicato a chi non ha un lavoro formale e vuole comunque tutelare il proprio futuro. Per chi non ha mai versato contributi e si trova in difficoltà economica in età avanzata, l’assegno sociale rappresenta una possibile forma di sostegno.

Riservato a persone con più di 67 anni con redditi molto bassi, nel 2025 questo assegno è erogato a chi non possiede alcun reddito personale e, se convivente con un partner, a chi ha un reddito familiare inferiore a circa 7.000 euro annui.

Superate queste soglie, l’importo viene ridotto o annullato. Pur non essendo legato specificamente al lavoro domestico, questo strumento costituisce una rete di protezione per chi ha dedicato la propria vita alla cura domestica senza altre forme di entrate.

In parallelo, l’Assegno di Inclusione si rivolge a nuclei familiari in difficoltà economica, con l’obiettivo di favorire l’inserimento sociale e lavorativo. Chi si occupa della cura di familiari fragili, come disabili, minori o anziani, può essere esonerato dagli obblighi di partecipazione ai percorsi formativi o lavorativi previsti da questa misura, riconoscendo così il valore sociale del lavoro di cura.

A livello territoriale, molte Regioni e Comuni italiani hanno sviluppato programmi di sostegno specifici per chi desidera aggiornarsi o rientrare nel mercato del lavoro dopo anni dedicati ad impegni domestici.

Questi interventi includono corsi di formazione professionale, contributi per la frequenza di percorsi di riqualificazione e incentivi per l’avvio di attività autonome. Tali iniziative costituiscono un supporto concreto per valorizzare competenze spesso trascurate e favorire l’autonomia economica delle persone impegnate nel lavoro domestico.

Secondo le ultime rilevazioni dell’ISTAT sull’uso del tempo, oltre il 90% degli italiani tra i 20 e i 74 anni svolge quotidianamente attività domestiche o di cura non retribuite, dedicandovi in media più di tre ore al giorno.

Complessivamente, questo lavoro invisibile ammonta a centinaia di milioni di ore giornaliere, con un valore economico stimato superiore ai 700 miliardi di euro l’anno, pari a circa il 40% del PIL nazionale.

La Costituzione italiana riconosce un ruolo fondamentale a questa attività: già nel 1995 la Corte Costituzionale ha definito il lavoro domestico come meritevole di tutela, richiamando l’articolo 35 della Carta, che garantisce la protezione del lavoro in tutte le sue forme.

 

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